Noi e il crimine (da Fotoreporter 1978/2010)
di Alvaro Fiorucci
Trascinata sul palcoscenico della recita mediatica con i costumi della cronaca, lei che è abituata a vestire i panni della storia e della cultura alta, epidermicamente infastidita dalle improvvisazioni e dalle dissonanze, ha ballato sguaiata e senza copione per una lunga stagione, lei che ha il tempo dei passi lenti e felpati del minuetto, interpretando una insospettabile <<honky tonk woman>>.Una donna da bettola e da bordello. Una donna da misurare con gradi del whiskey o del Negroni, da mettere a fuoco tra i fumi della marijuana e le strisce di coca. Una donna che suscita e soddisfa appetiti, principalmente sessuali, va da sè.Se lo avessero saputo allora, Mick Jagger e Keith Richard, chissà, forse avrebbero cambiato il soggetto di quel successo sfornato alla fine degli anni sessanta del secolo scorso e avrebbero messo insieme parole e note per schitarrare <<honky tonk town>>, la città persa, al posto di <<honky tonk woman>>, la femmina persa.Dunque, città di malaffare, città di droga che piove come manna in tutte le sue declinazioni.Città di amplessi facili, di coppia e di gruppo. Città che Sodoma e Gomorra le fa un baffo.Rolling Stones o non Rolling Stones, questa è la città rappresentata da quel gran can can mediatico che noi giornalisti, giornalisti di tutto il mondo una volta tanto, abbiamo messo su intorno all’omicidio di Meredith Kercher.Un delitto terribile, tanto sangue e tanto dolore: è vero.Una vita spezzata, orrore, brutalità e sentimenti forti: è vero.Questi però sono gli ingredienti di tutti gli omicidi che ci sono stati e che ci saranno.No, non è così: questo è <<il delitto>> che avviene a <<honky tonk town>>. In una città zoccola,ruffiana e spacciatrice per migliaia di studenti,italiani e stranieri, in libera uscita. Senza regole, senza controlli, tanto pub e poca Università. Notti stranite dagli alcolici, dagli oppiacei e dal fottere dove capita capita che è così facile. Rieccola: gioventù bruciata.Bruciata a Perugia? Pare di sì.La gioventù brucia a Perugia.La buttano giù così gli inviati dei giornaloni e dei telegiornaloni, quelli della tv generalista, dei thalk show all’alba e a notte fonda, nei <<porta a porta>> e nei <<matrix> con o senza plastico.Dove ci sono inglesi, americani, giapponesi, francesi, tedeschi, un affollamento di lingue, linguaggi e stili che non s’era mai visto, e nostrani fini psicologi, psichiatri, criminologi e letterati, che spiegano suggestivamente il falò della perdizione e dell’abominio del delitto collettivo.Dotti ed eloquenti, ma mai prima due passi dall’Arco Etrusco a via della Pergola, fanno lo scoop da affermare d’un fiato: <<la città è il delitto>>.<<Honky tonk town>>,appunto.Fuochino,fuoco? Acqua? Mah…La superficie è così tanto generosa di fatti, risvolti, ipotesi, congetture e chiavi di lettura che la voglia di andare a veder se sotto quel ricco tappeto ci sono, non si sa mai, scorie di tipo diverso, si diluisce frettolosamente in una sorta di anestesia mediatica. Basta e avanza quello che galleggia. Un titolo c’è sempre, comunque, e a volte anche la notizia: è il giornalismo,honky tonk town. Chi è andato a vedere lì sotto ha trovato un’altra storia criminale. Diversa, più complessa, e, se possibile, peggiore: comunque, come vedremo, <<il delitto non è la città>>.La città non l’ha prodotto, l’ha semplicemente contenuto.Ma anche Roma, Milano, Firenze, Napoli, Modena, Reggio, Torino e Venezia avrebbero potuto contenerlo in ugual misura e con ugual sofferenza, perché certi fatti criminali segnano una discontinuità che non deriva dal Dna delle città. Il luogo di produzione della discontinuità, per un determinato genere di reati, è scelto dalle leggi della casualità e non da quelle della probabilità.Perugia dunque ha contenuto una discontinuità che poteva esplodere ovunque, così come ha contenuto, in tempi diversi, la strana morte del dottor Francesco Narducci e la sua storia che << conoscono tutti >> ma nessuno, in venticinque anni, va a raccontarla al Signor Procuratore della Repubblica.E il rapimento di Augusto De Megni,che l’ha vista scendere in piazza e pensare in cuor suo che era meglio se avessero preso il nonno per via di certe storie finanziarie dentro e fuori le mura.E la fine di Sonia Marra, arrivata dalla Puglia per studiare e sparita nel nulla, ma ci sono voluti un paio d’anni e qualche buona puntata di <<Chi l’ha visto?>> per tramutare la distrazione in preoccupazione.E l’esperto di antichità ammazzato e incartato nel tappeto persiano in cima a Sant’Ercolano da qualcuno senza volto che dimenticato alla svelta come il fatto e il morto.E il finto studente turco che, al telefono da una cabina di Madonna Alta, avrebbe guidato i suoi a mettere le bombe a Istanbul:chi l’avrebbe detto?E l’imam di Ponte Felcino che tra una preghiera e l’altra avrebbe reclutato vite da fare esplodere nella jihad: possibile?E quei due disgraziati venuti giù da una piattaforma e crepati di lavoro in via Filosofi e finiti il giorno dopo, mezzo ciglio alzato per indignazione, a fare numero nella statistiche vergognose delle morti bianche.Un processo a Renato Curcio e al nucleo storico delle <<Brigate Rosse>> ai quali la città ha gridato <<assassini,assassini>> mobilitando anche l’Anpi, come il processo per l’omicidio di Mino Pecorelli seguito con il garantismo curiale che si deve ad un imputato a nome Giulio Andreotti e l’inchiesta della <<tangentopoli due>>, quella sui giudici romani corrotti dai poteri veri per lo più occulti, sono invece discontinuità di un’altra natura. Se non fosse altro perché importate secondo le regole della procedura penale.Niente casualità o probabilità, dunque.I fotoreporter dei giornali hanno scattato ogni attimo e ogni volto di questi e di altri momenti criminali e l’hanno portata qui, in sintesi, a Palazzo Penna. Contenitore di un assassinio da mesi e mesi in prima pagina, dicevamo. Il gesto assassino in genere non è solo uno strappo irreparabile che spegne una vita, quella della vittima o delle vittime.Quel tipo di gesto assassino colpisce e allarma, sfregia e impaurisce i sopravvissuti che diventano in qualche modo cooprotagonisti, spettatori e lettori.Per questo i delitti di sangue vanno in Corte d’Assise dove ci sono i giudici popolari:il popolo ferito giudica. Poi arrivano i carabinieri e i poliziotti di quartiere, i vigili urbani di prossimità, le telecamere, meno alcolici e orari di chiusura dei locali della birra a fiumi e della musica a palla più umani e tutti son più contenti e tranquilli.Quell’assassinio pur straziante e mediaticamente ripetuto all’infinito ha, in reltà, un livello criminogeno basso. Nel senso che si conchiude nella sua drammaticità e si esaurisce in se stesso.Non è un cancro che manda le sue metastasi a prendersi le parti vitali dell’organismo sociale.Sono altre le geometrie criminali che spingono verso tensioni così forti da portare al collasso una comunità.Queste sì, possono avere un’incidenza derivante dal Dna di questa o quella città, a cominciare, per dire, dall’informazione genetica più semplice, quella ambientale.Con le inevitabile forzature della sintesi e con i distinguo imposti dalla gravità dei singoli fatti, a quest’altra categoria di << contenuti>> si possono ascrivere le <<tangentopoli>> locali con i pezzi da novanta dei partiti in galera e la supposta fine della Prima Repubblica o quella curiosa, recente ,indefinita <<appaltopoli>> dei lavori stradali dove tutto era deciso e tutto veniva spartito tra gli amici degli amici, una mano lava l’altra. O, ancora, l’assenteismo di certi pubblici dipendenti, diventato costume e finito in manette.Per selezionare senza errori e senza omissioni (operazione piena di insidie) per ridurre a pochi attimi significanti, (di una mostra, di un catalogo, di trenta anni riassunti nei servizi del telegiornale regionale della Rai) fenomeni ancora più gravi è necessario schematizzare (con un alto rischio di arbitrio) ancora una volta la complessità dei fatti e quindi aggiungere una categoria criminale e tornare al delitto che si è voluto sovrapporre alla città.Prendiamo la droga.Le telecamere nascoste di Bruno Vespa fiutano lo spaccio in ogni anfratto: basta chiedere e sei servito, come gli Swarovsky da Bindocci.Va bene, d’accordo, è così: ma che c’entra con le canne che girano nel mondo stordito di Amanda, Raffaele e Rudy?Il problema rimasto sotto il tappeto si chiama criminalità organizzata, l’ultima categoria.Camorra,‘ndrangheta e altre mafie (italiana, albanese, esteuropea, nordafricana) negli anni ’90 hanno trovato il burro a far loro resistenza quando hanno mandato le avanguardie a trovare da questi parti una nuova locazione perchè altrove c’era la terra bruciata intorno.Burro e non compiacenza o connivenza.Un burro d’ambiente, come si diceva.Burro perché non c’era criminalità indigena a contrastarla, burro perché il mercato è ricco di domanda, burro perché la posizione geografica aiuta, burro perché una provincia eccentrica e tranquilla è come una vergine che si concede senza accorgersene.Le avanguardie riferiscono e i boss lavorano di cervello. Lavoro, oddio, non è una gran fatica capire che il business c’è.Il loro business diversificabile c’è.I soldi dell’eroina e della cocaina vengono investiti nella tratta degli esseri umani da mandare alla prostituzione o al lavoro nero. I soldi del traffico dei nuovi schiavi dai paesi dell’Europa dell’Est o dal Nord-Africa s’impegnano nelle partite di polvere, fumo e pasticche da far transitare lungo compiacenti rotte internazionali. Il volano si muove e produce profitti miliardari da investire in altri affari sporchi o puliti: la qualità dell’affare non incide sul fattore moltiplicatore dei capitali.E tempo fa un poliziotto davanti a Google Map diceva:<<guarda questo villaggio turistico, sono tutti soldi perugini>>.Perugini? Sì, perugini perché era stato costruito con le rimesse di una cosca nigeriana.E lo score delle morti per overdose sale vertiginosamente per una questione di marketing verso primati nazionali.Dilatare il mercato con un buon prodotto a basso costo, far crescere i capi-zona, creare una solida testa di ponte.E se quelli crepano di buco troppo buono o troppo tagliato chissenefrega.Tanto qua la gente protesta per gli schiamazzi notturni.A quelli che vanno a morire nei sottoscala ci pensassero i servizi sociali e quelli sanitari che con la riduzione del rischio qualche vita la salvano. Così se ne parla meno. E meno se ne parla meglio è.Chissenefrega: superata l’accomulazione primaria, e siamo nei secondi anni novanta, c’è il bersaglio grosso da colpire. Di burro anche questo. Sarà per la crisi, sarà per il bisogno di liquidità , l’economia pulita assorbe il denaro sporco come una spugna. Finanza, commercio decotto, manifatturiero zoppicante, costruzioni e immobiliare che non vendono più come una volta, sono ad alto rischio, a voler fare un atto di fede. Gli emissari arrivati qui per la droga o con le ragazze deportate nei night, per l’una e per le altre insieme, adesso annusano e sentono altri odori.Telefonano a chi di dovere.E si dicono, come dice un camorrista ad un altro camorrista, cose di questo tipo:<<non fai a tempo a costruire che già si vende. Qui il mercato e buono, la zona è buona. C’è anche l’ospedale, è alle porte di Perugia>>.Altro che il leso decoro dalle fumerie a cielo aperto sulle scalette del Duomo scoperte in ritardo dai network internazionali con la pretesa di trovare una presunta <<peruginità>> nelle coltellate che hanno ammazzato Meredith Kercher.La droga c’è, ma a prescindere, come si diceva.Droga sta con sfruttamento della prostituzione che è traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù, da deportare nei nigth, nei campi o nei cantieri, come ha dimostrato quell’indagine che in un paio di mandate ha aperto le porte di Capanne a più di duecento persone.Trenta anni è un tempo sufficiente per dire che la città ha visto, come il centro di una rotatoria vede tutto il traffico che gli gira intorno.Ha visto le strade riempirsi di sesso a pagamento di ogni etnia chiedendosi che fare.Multe ai clienti? Unità di dissuasione e di diserzione?Ha visto appartamenti dati a fitto senza spidocchiare troppo sull’inquilino: studente, commessa,spacciatore clandestino o regolare, prigioniera comprata e venduta di giorno e schiava di notte, poco importa basta che il contante a fine mese c’è, magari anche a nero.Ha visto che in quel mondo si strozza, si sgozza, si scioglie nell’acido, si stritola con la macchina e che questi delitti sono per lo più delitti di nessuno, senza colpevole.Ha visto e qualche volta ha chiuso gli occhi per non vedere.Ha visto e qualche volta ha detto no.Un esempio: il Comune parte civile nei processi contro gli sfruttatori, un aiuto alla liberazione e alla fuga verso un’altra vita.Bene perché il contrasto che fa punti e quello della giustizia e un processo è il capolinea di una guerra che può essere vinta : se non si improvvisa, se non si filosofeggia, se non ci si perde dietro a convegni con le ospitate che gradiscono il fine settimana, conferenze stampa del detto e ridetto, seminari tra i soliti noti, dibattiti destinati a tomi ben rilegati e illeggibili, e altri luoghi, pur necessari, di belle parole. Si può vincere, ma bisogna combattere a fianco di chi questa guerra la fa con le armi vere, le armi della sicurezza e della giustizia. Capita che anche i loro arsenali siano malmessi. Bisogna fare in modo che non siano più. Tutto il resto, dicevamo, serve, ma serve di più se diventa risorsa per una strategia comune che guarda oltre Corso Vannucci, oltre i confini dell’Europa, al crimine senza fontiere. La città ha visto tutto o pezzi di tutto questo, ma se si guarda allo specchio non vede se stessa: vede l’Italia.Nei fatti, nelle reazioni, negli scatti che abbiamo scelto per raccontare questi trenta anni italiani.