Ascolti:cronaca addio
In genere dal primo atto giudiziario, l’iscrizione nel registro degli indagati per una qualsiasi ipotesi di reato, all’udienza preliminare nella quale un pubblico ministro chiede al giudice il rinvio a giudizio o il proscioglimento del soggetto sottoposto ad indagini, mettendo gli atti a disposizione delle parti gli atti che quindi diventano pubblici, trascorrono diversi mesi, minimo due anni. Se le nuove normative sugli “ascolti”, le intercettazioni telefoniche, uno dei principali strumenti investigativi, diventassero legge per i cittadini sarebbero mesi o anni di buio. Di quell’inchiesta,le ragioni della sua nascita,il suo evolversi, la dialettica tra accusa e difesa,non si saprà nulla né dai giornali,né dalle televisioni per tempi molto lunghi. Il legislatore vuole questo silenzio per ragioni di privacy e per ragioni attinenti il cosiddetto segreto istruttorio. Ragioni nobili, se si vuole. Ragioni che però si scontrano con il diritto all’informazione completa,non condizionata,professionalmente valida,che è di tutti i cittadini (lettori, telespettatori o meno) e con il dovere di informare che è proprio dei giornalisti. E’ la loro funzione di controllo sui comportamenti dei poteri,il loro ruolo in ogni democrazia matura. Prendiamo la lista di quei quattrocento nomi trovati recentemente nel computer dell’imprenditore Diego Anemone. E’ stata pubblicata,un domani non potrà essere più essere pubblicata. Si dice:la pubblicazione è di per se un atto d’accusa a prescindere, anche nei confronti di chi è accusabile di nulla. Non è così:se la pubblicazione è fatta secondo i canoni della correttezza e della chiarezza esplicativa è soltanto la rappresentazione di un dato di fatto di per sé significativo la cui conoscenza è un neutro elemento di consapevolezza per tutti.
Conoscenza e consapevolezza sono elementi connaturati al diritto all’informazione sono il fine ultimo del diritto di cronaca. Certo ci sono state casi di distorsioni e di uso improprio di questo diritto. Servono, forse dei correttivi,ma non l’eliminazione del diritto- dovere di cronaca che è la risposta al diritto all’informazione che ognuno di noi ha per dettato costituzionale.
Invece dovesse diventare legge la normativa varata oggi dalla commissione giustizia del Senato la cronaca, quella che in particolare si occupa delle commistioni tra politica e malaffare, appare destinata ad essere sacrificata sull’altare degli”ascolti”. E con alla stessa sorte pare destinate potenzialità e capacità investigative delle Procure alle quali compete l’esercizio dell’azione penale.
Vedremo.
Intanto sappiamo che gli editori per la pubblicazioni di atti anche per riassunto prima dell’udienza preliminare avranno multe che vanno da 64.000 a 464.700 euro. I giornalisti avranno condanne fino a due mesi di carcere e ammende che vanno da 2.000 a 20.000 euro. Una sanzione fino a due mesi di carcere e un’ammenda da 4.00 a 20.000 per la pubblicazione di estratti da intercettazioni telefoniche. Insomma niente,non si pubblica. Se avviene un omicidio si saprà solo che c’è stato un omicidio:non il nome della vittima,non il nome dell’assassino o del sospetto assassino,nulla del movente, nulla delle circostanze di contesto. C’è una consolazione però: in caso di omicidio l’udienza preliminare arriva prima di un’inchiesta di mafia o di altro genere di malaffare complesso dei quali saremo informati chissà quando e chissacome. Dunque se così sarà, cronaca addio.