Meredith Kercher:oltre ogni ragionevole dubbio
Un processo ha un solo risultato da raggiungere – al di la delle giocate siano esse scontate o a sorpresa, tecniche o funamboliche-delle parti in causa : accertare la possibile verità giudiziaria dei fatti, individuare e attribuire responsabilità, comminare le adeguate pene. E’ il fare giustizia che per cultura e codici spetta ai Tribunali e alle Corti. E’ una giustizia somministrata in nome del popolo , un atto o più atti che alla fine del loro tortuoso percorso (indagini, istruttorie, gradi di giudizio) dovrebbero essere validi e accettati da tutti. Le polemiche che sempre più spesso seguono è roba da talk show. La Corte d’Assise d’Appello di Perugia che sta giudicando in secondo grado Raffaele Sollecito e Andanda Knox per l’ omicidio di Meredith Kercher questa verità la vuol accertare al di la di ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza dei due imputati. E’ ovvio: una giustizia con il dubbio non può esserci. E infatti quando i giudici di primo grado hanno condannato il giovane pugliese a 25 anni di carcere e la studentessa americana a 26 anni carcere lo hanno fatto senza dubbio alcuno. Altrimenti avrebbero emesso un’altra sentenza. La decisione dei giudici dell’Appello di riaprire il dibattimento e cioè di procedere a nuove perizie sul dna e di riservarsi altri eventuali accertamenti tecnici (sui computer ad esempio) e di portare in aula altri testimoni hanno semplicemente manifestato una loro legittima convinzione : le carte fin qui scritte non superano,appunto, quei ragionevoli dubbi che devono trovare soluzione per un sereno e ponderato giudizio. Non è un giudizio sui giudici di primo grado: è un giudizio sul processo di primo grado che altri giudici si sono formati esaminandone le carte: quelle carte non bastano. Niente di strano, niente di anomalo:è tutto previsto. Per questo appaiono più appropriati i commenti di coloro che di fronte alla riapertura del dibattimento ne hanno messo in evidenza l’essere una oggettiva garanzia in più piuttosto che una sconfitta dell’una o la vittoria dell’altra parte. Un processo non è una partita o una sfida d’altro genere anche se tanti elementi di contorno tendono a farlo sembrare tale. Anche se il clima di contesa è quello che funziona meglio per la variante mediatica ormai quasi una nuova pur surrettizia parte in causa coglie nel segno la dichiarazione di Maresca ,parte civile per i familiari di Meredith Kercher:<< se c’è qualcuno che ha vinto,ha vinto la ricerca della verità>>. In altre parole: in una situazione di normale dialettica processuale la difesa degli imputati (Maori e Bongiorno per Sollecito,Ghirga per Knox) ha segnato un punto a suo favore perché contro quei responsi dei laboratori della Scientifica ha puntato le sue armi migliori, ha ingaggiato le battaglie più dure , ha esternato le critiche più feroci. Ma la pubblica accusa ( Mignini e Comodi) non ha subito una sconfitta. Il confronto procede su un altro piano: la prima ha dimostrato che i suoi ragionevoli dubbi sulle perizie sono diventati anche i ragionevoli dubbi del giudicante; la seconda permane nella convinzione che i ragionevoli dubbi erano stati rimossi dalle consulenze di cui si dispone, esaustivi nella loro sostanza probatoria, come, ne è convinta, verrà confermato, dalla scesa in campo degli esperti chiamati dalla Corte d’Assise d’Appello. Questo però fino ad oggi. Domani, se i nuovi consulenti tecnici dovessero stabilire che le certezze scientifiche che hanno portato al verdetto di condanna (perché di questo si tratta) certezze granitiche in effetti non erano, che mettiamo, sono certezze da ribaltare in non-certezze, la strada dell’accusa diventerebbe molto, molto accidentata. Perché? Perché questo è un processo nel quale la prova si è formata durante le indagini preliminari e in aula (come per il terzo imputato Rudy Guedè condannato in via definitiva con il rito abbreviato a 16 anni) soprattutto attraverso il sedimento delle indagini scientifiche. Le investigazioni di altro tipo, quelle chiamate tradizionali, non hanno portato davanti ai giudici elementi di certezza assoluta o comunque risolutivi o comunque corroboranti gli elementi indizianti di carattere scientifico. Se la prova scientifica si perde, resta ben poco. E questo appare come il vizio d’origine e permanente dell’intera vicenda giudiziaria. Probabilmente c’è stata fretta, troppa fretta di chiudere il caso. Gli arresti ( con tanto di Patrik Lumumba innocente in carcere) sono stati intempestivi. Perché subito le manette ? Se Sollecito e Knox, una volta individuati, fossero stati lasciati liberi, ma pedinati,studiati intercettati, per qualche giorno, per pochi giorni, forse della loro innocenze o della loro colpevolezza gli inquirenti avrebbero potuto raccogliere qualche dato oggettivo in più. Qualche elemento in più da confrontare con quelli trovati dai microscopi e dai reagenti chimici. Che, troppo Csi non ci abbia fregati un’altra volta.
Finalmente, in mezzo a tante indagini e processi in TV, si sente dire qualcosa di ragionevole e saggio. 25 anni di galera non sono una cosa mediatica. No?