Il parlar chiaro aiuta l’antimafia:il caso Umbria
Sono trascorsi anni,almeno un ventennio, con un curioso strabismo inconsapevole, voluto, necessario, chissà ) tra il riferito e il commentato su una questione che ormai è diventata così evidente che il riallineamento del focus è nei fatti e quindi guardar nella stessa direzione è una sorta di atto dovuto. Si tratta, in queste righe, le ennesime, delle infiltrazioni mafiose in Umbria. Bene,s i diceva della strabismo. Da una parte ci sono state in questo ventennio operazioni importanti di polizia,carabinieri e guardia di finanza che hanno attestato, più che segnalato, lo svolgersi di traffici illeciti (droga,traffico di esseri umani, lavaggio di denaro sporco) con centinaia di arresti e corposi procedimenti penali. Bene , se andavi a chiedere alle fonti ufficiali , non registravi che due atteggiamenti speculari. Quello di chi ti diceva che no, non eravamo oltre la soglia, ma in una posizione ben più sicura perché eravamo fermi al rischio, all’attenzione , all’interesse delle organizzazioni criminali (italiane,albanesi,nordafricane,sudamericane) le mire delle quali venivano frustate perché, vivaddio, <<la guardia è tenuta alta>>.Ci mancherebbe.L’evidenza delle cronoche proponeva qualcosa di più di peggio,ma tant’è. L’altro atteggiamento, abbiamo detto speculare al primo, era quello di chi con l’ufficialità del suo ruolo tagliava corto più o meno così :<<tentativi si, radicamento no>>. Ecco, i dati , non c’è insediamento, non c’è radicamento, il tessuto sociale ed economico tiene.Non è questo il terreno di coltura adatto. Reticenza ? Probabilmente no, a fare un atto di fede. Ognuno ha avuto in passato le sue buoni ragioni per ritenere la soglia del << rischio>> la più prossima al vero se non la più opportuna. Gli inquirenti per non scoprire tutte le carte (se le aveva) . La politica ,l’amministrazione della cosa pubblica, le categorie socio-economiche, probabilmente perché si sono distratte (magari per crisi ricorrenti di altra natura) e perché non erano attrezzate per impegnarsi nella cura di una malattia sconosciuta e della quale aveva scarse informazioni dirette. Dirette, perché a dire il vero, i giornalisti sull’argomento picchiavano già duro. Ma si sa spesso il lavoro dei cronisti è un fastidio per tutti e si fa presto a dire questi <<fanno allarmismo>>. Meno che per i lettori, per fortuna. Ora c’è,vivaddio, una consapevolezza diversa, e un parlar chiaro sempre più frequente (anche se di tanto in tanto il termine <<rischio>> torna in qualche analisi che comunque merita rispetto), un impegno mirato anche istituzionale (la Commissione Antimafia del Consiglio Regionale, ad esempio) che sono risorse vere per erigere mura meno scalabili.. Il parlar chiaro aiuta l’antimafia. E quando a parlare chiaro è un magistrato che la materia la manovra ogni giorno e da tempo cadono molti alibi e la permanenza dello strabismo diventa solo ostinazione .Uno di questi magistrati è il sostituto procuratore della repubblica Antonella Duchini che ha chiamato le cose con il loro nome in un recente convegno a Perugia convocato per ricordare le vittime della mafia.. E qui che è stato confermato che il limite del <<rischio>> su quale ci si è fermati a lungo, è stato superato da tempo e di parecchie miglia criminali. Ha detto tra l’altro il magistrato:<<La presenza della mafia in Umbria non è per nulla episodica, come sento spesso dire. Anzi, assistiamo a una progressiva mafizzazione del territorio umbro». E ricolta ai giovani ha aggiunto:<<Denunciate, denunciate, non deve passare inosservata una virgola di soprusi nei concorsi pubblici, negli appalti. L’Umbria non è un’isola felice, non lo è più da anni anche se vi dicono il contrario».E ancora:<<le vittime della mafia non sono solo coloro che sono stati uccisi, siamo tutti noi, siete vittime di mafia giorno dopo giorno: quando non vincete un concorso perché qualcuno viene favorito, quando non vi aggiudicate un appalto perché è stata pagata una mazzetta», quindi «produce amarezza che si debba battere le mani per una tale banalità».La presenza mafiosa non si limita al controllo militare del territorio,, questo lo fa al sud. Non è solo Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra: «Ci sono i clan albanesi che gestiscono la prostituzione, la mafia cinese, quella colombiana che traffica stupefacenti». In Umbria due fenomeni preoccupanti: «Il primo è che siamo destinazione finale della tratta degli esseri umani: le organizzazioni portano in territori “non a rischio” come il nostro persone per sfruttarle, ad esempio nella prostituzione di strada e non solo». Il secondo è «l’infiltrazione economica con l ‘impiego diretto o tramite soggetti apparentemente leciti di beni di organizzazioni mafiose con una progressiva mafizzazione del territorio». Edilizia e commercio: «La creazione selvaggia di società di comodo non avviene solo nei paradisi fiscali, ma anche in Italia tramite documenti falsi e prestanome. La mafia- qui come altrove- non ha più bisogno di farsi Antistato,visto che ha accumulato capitali ingentissimi ha ora bisogno di infiltrarsi, di “essere” Stato». Difficile dopo questo punto fermo messo con cognizione di causa e con passione cincischiare ancora di <<rischio>> e di <<guardia alta>>.