Intercettazioni e media:dove si nasconde lo scandalo
Ci risiamo. Puntualmente. Le procure intercettano voci dal brodo di coltura dove si piegano gli interessi collettivi agli interessi personali e dove si altera (si prova ad alterare)il gioco democratico delle istituzioni. Le trascrizioni degli ascolti, ad un certo punto, come previsto dai codici, diventano atti pubblici. Giornali e tv (alcuni) pubblicano questi atti pubblici per darne conto ai cittadini. I cittadini si informano e acquisiscono elementi di valutazione dello strano mondo che gira intorno a loro. Altrimenti, senza questo tramite, di quelle voci che, direttamente o indirettamente,interagiscono con la loro esistenza perché sono voci inerenti la gestione del potere( economico, finanziario, giudiziario, culturale, mediatico), non conoscerebbero l’esistenza. Non ne avrebbero nemmeno una eco addomesticata. Finirebbero nel limbo di un surrettizio segreto di Stato. Dunque i media pubblicano. Danno uno spaccato, seppur visto con uno strumento che ha un’ottica particolare, di come s’intrecciano le vicende nazionali e come queste ricadono nella società sottoforma di affari, scelte e decisioni che per la gran parte hanno un interesse collettivo, generale, non certo riferibile soltanto al singolo protagonista o comprimario che sia. Conta poco quindi, nello specifico, la loro rilevanza penale . E’ la rilevanza oggettiva, sociale, collettiva,che le rende doverosamente pubblicabili. La politica, rieccoci,insorge. Insorge e dice: qui si pubblicano cose che non hanno rilevanza penale; qui si mettono in piazza i fatti privati; qui c’è il rischio che la stampa sia berlina continua;qui si spendono milioni di euro inutilmente per spiare tutti e per mettere tutti contro tutti; qui si disorienta l’opinione pubblica che così si allontana dalla politica. La politica corre ai ripari e dice: qui ci vuole una legge che riformi la giustizia (un problema reale), qui ci vuole un limite al pubblicabile (un falso problema); qui ci vuole un freno al ricorso alle intercettazioni (che, per inciso, sono un formidabile strumento investigativo ndr); qui ci vuole una disciplina severa al pubblicabile;qui ci vogliono argini seri allo sputtanamento. Insomma rieccoci: se c’è un malaffare la colpa non è di chi lo conduce ma di chi lo scopre e lo pubblica. Si dirà :urge intervenire perché in pagina finiscono fatti, vizi, situazioni, problemi, problematiche, circostanze, affari che sono esclusivamente privati. Perché c’è una violazione palese del diritto di ciascuno di noi alla tutela della sua privacy.Certo che ognuno ha diritto a non vedere il suo privato portato in pubblico, un quarto per porta, come si dice a Perugia. Certo che ci sono gli eccessi e gli sbagli. Sono quelli in cui sbatte la testa -provocando guasti profondi a se stesso e agli altri- chi- vuoi per miopia professionale, vuoi per subordinazione al partito preso, vuoi per ragioni che escono dal seminato- non ha occhiali ( o non li vuol mettere) per vedere che gossip e cronaca sono mondi diversi, che l’informazione e il pettegolezzo vivono (ma non possono coesistere) su piani diversi. Chi non crede che il limite ai suoi diritti lo mettono i diritti degli altri, chi non è capace di distinguere tra interesse generale e fatto personale di valenza privata, chi non tiene sulla scrivania la bilancia che pesa il dovere di informare correttamente e il diritto ad essere informati con completezza, va tenuto alla larga. E se è il caso , va punito. E ci sono tutti gli strumenti legislativi per farlo. Difficile ,invece dar ragione a chi strologa di provvedimenti ad hoc che non siano di fatto censura. Di fatto perché diranno che è qualcos’altro e, ovviamente, qualcos’altro di legittimamente democratico perche voluto dal Parlamento. Guai a pensar male. La parola censura (censura bipartisan s’intende) non la pronuncerà nessuno, ovviamente. Sarà sicuramente altro. Sicuramente ci diranno che è altro . Ma limitare l’informazione, impedirgli di accedere alle fonti, ampliare lo spettro dell’impubblicabile significa limitare il diritto-dovere di informare e di essere informati. Ecco calmiere contro gli eccessi. Ci diranno che sarà questo. Non chiamiamolo censura perché in fondo sarà la logica maturazione legislativa di un concetto che sembra piacere tanto all’intero universo politico. Un concetto semplice,semplice, un pensiero-pensierino garantista capace di mettere tutti d’accordo:lo scandalo da far finire è la pubblicazione e non il contenuto del pubblicato. Lo scandalo da correggere sono le intercettazioni e non quello intercettano. Penalmente rilevante o meno che sia.