Caso Narducci:condanna annullata,giallo infinito
La corte d’appello ha annullato- per incompetenza funzionale ( ossia c’erano uno o più giudici dello stesso distretto possibili parti in causa)- la sentenza del Tribunale di Firenze che ha condannato il magistrato Giuliano Mignini e il poliziotto Michele Giuttari, rispettivamente a un anno e quattro mesi e a un anno e sei mesi, per abuso d’ufficio.
Ipotesi di reato relativa ad alcuni atti delle indagini sulla morte del medico perugino Francesco Narducci,avvenuta nel 1985 e sui presunti collegamenti con i delitti del Mostro di Firenze.
Con l’azzeramento del processo fiorentino e l’annullamento delle condanne del pubblico ministero Giuliano Mignini e dell’ex dirigente della polizia Michele Giuttari gli atti passano alla procura di Torino visto che anche Genova non può interessarsene -legittima suspicione- perchè un magistrato genovese compare tra le parti offese.
I due imputati respingono tutte le accuse, in particolare quelle nate dalle intercettazioni telefoniche su utenze di funzionari del ministero degli Interni- tra i quali un ex questore del capoluogo toscano- e di giornalisti. Giornalisti che, cronaca per cronaca, non facevano altre che il loro mestiere, ma finirono inopinatamente nel cono d’ombra di coloro che secondo gli inquirenti remavano contro. Ma remare contro non è un delitto, se non si commettono reati.
Mignini e Giuttari sostengono che quelle operazioni investigative erano state autorizzate dal gip di Perugia per prevenire eventuali azioni di disturbo sulle inchieste relative a Francesco Narducci per altro successivamente chiuse con il proscioglimento di tutti gli indagati.
Indagini legittime quindi, senza abusi o intenti diversi da quelli investigativi, secondo Mignini e Giuttari.
Condanna cancellata e inchiesta da rifare dunque. E non è routine : questo esito è la conclusione-momentanea- di una dura guerra tra le procure di Perugia e di Firenze proprio sulle indagini che ipotizzavano la fine di Francesco Narducci come omicidio tenuto nascosto per tanti anni con una gigantesca messa in scena di un annegamento per disgrazia al lago Trasimeno. Una guerra sulle competenze, sulle modalità operative, sulla interpretazione delle carte quando l’inchiesta Narducci era formalmente collegata a quella sui delitti del Mostro- che registrò la battaglia più cruenta quando i pm fiorentini arrivarono a Perugia con i loro poliziotti e perquisirono l’ufficio e l’abitazione di Giuliano Mignini. Portandosi via anche carte ancora riservate. Uno scontro inusuale e senza precedenti. In quelle ore convulse alcuni colleghi di Mignini pensarono seriamente di fermare le operazioni con provvedimenti giudiziari di contrasto. Conflitto e scintille. E ora si scopre che tutti quegli atti non si potevano fare: quantomeno per incompetenza territoriale. Singolare anche in considerazione di un effetto sminuente del costrutto delle investigazione perugine l che la lettura del blitz dei magistrati toscani, volontariamente o involontariamente, produsse. E pensare che ad aprire le ostilità dopo mesi di stretta collaborazione fu proprio la Procura di Firenze che cercò di avocare a sé le inchiesta sui misteri della morte del medico perugino. Richiesta di avocazione boccciata dalla Cassazione. Chissà perché quell’improvviso ed esclusivo interesse. Se questa circostanza viene coinsiderata un interrogativo presto un tentativo di risposta si potrà trovare su <<48 small>> il libro di Alvaro Fiorucci che ricostruisci l’intera vicenda di un giallo infinito.