Piccole storie nere:Pecorelli,Andreotti, Buscetta e Pippo Calò
Il 17 dicembre 1993 arriva a Perugia un grumo di storie indicibili. Raccontano di interessi criminali e di pezzi dello stato compiacenti, di mafia in affari con la banda della Magliana,di politica inquinata e compiacente. Sono le indagini sull’omicidio di un giornalista scomodo, Mino Pecorelli, ammazzato a Roma il 20 marzo 1979. Indagano i sostituti Fausto Cardella e Alessandro Cannevale, perché le investigazioni coinvolgono un magistrato romano Claudio Vitalone, in quel momento parlamentare della Dc, grande amico di Giulio Andreotti il cui nome compare tra le notizie di reato il 14 aprile 1993. C’è un capomafia che si è pentito e parla. E’ Tommaso Buscetta. Inguaia Giulio Andreotti e un gruppo di sodali del senatore a vita. L’omicidio di Mino Pecorelli sarebbe stato un favore della mafia fatto a questo gruppo perché il giornalista stava per pubblicare notizie che erano un problema per Giulio Andreotti : fondi neri e carte segrete del sequestro di Aldo Moro. I killer del giornalista sarebbero Michelangelo La Barbera uomo di Cosa Nostra e Massimo Carminati uomo della banda della Magliana. Sarebbero stati attivati da due capi clan,Gaetano Badalamenti e Pippo Calò, a loro volta sensibilizzati dagli esattori siciliani Nino e Ignazio Salvo, sodali di Andreotti e Vitalone. Questo racconta Buscetta, questo confermano altri pentiti. Risultanze investigative spingono in questa direzione. Ci vuole la palestra del carcere di Capanne in costruzione per ospitare un processo che è un maxiprocesso. I pubblici ministeri perugini –che vivono sottoscorta-chiedono l’ergastolo per Giulio Andreotti e per gli altri imputati. Alle 19 del 24 settembre 1999 la corte d’assise assolve tutti. Il 17 novembre 2002 al processo d’Appello Giulio Andreotti e Gaet6ano Badalamenti vengono condannati a 24 anni di carcere come mandanti dell’omicidio di Mino Pecorelli . Confermate le assoluzioni di Claudio Vitalone e degli altri. Perugia è al centro di un fragoroso caso mediatico,politico e giudiziario. Il 30 ottobre 2003 la Cassazione sostiene che le accuse al senatore a vita sono un teorema senza prove. La condanna gli è stata inflitta ingiustamente: in un vuoto probatorio incolmabile. Giulio Andreotti viene assolto. Questa volta in maniera definitiva. A Perugia seguono giorni di inutili disquisizioni giuridiche.