Piccole storie nere:la soffiata che liberò Augusto De Megni
La soffiata pagata con i fondi riservati dello Stato non ha la precisione di un navigatore satellitare. I carabinieri infatti sbagliano di qualche chilometro e assediano inutilmente San Gimignano. La polizia il 21 gennaio 1991 invece centra in bersaglio. E’ un podere di Volterra , la prigione è sul Monte Voltraio dove i poliziotti dei Nocs guidati da un fiancheggiatore sorpreso nel bosco e al quale hanno saputo sciogliere la lingua. La prigione di Augusto ,nove anni,rapito a Perugia il 3 ottobre 1990- probabilmente al posto del padre Dino De Megni che era con lui- è un buco nero e il fondo al quale c’è l’ostaggio e il carceriere che è armato e minaccia di sparare. Si chiama Antonio Saffa ,ha 38 anni ed è di Mamoiada. Si arrende e viene soprannominato il carceriere buono perché ha impedito che al bambino venisse tagliato un orecchio e perché passava all’ostaggio-di nascosto degli altri-i fumetti di Tex. Il sequestro di Augusto De Megni è durato 122 giorni. Per la liberazione dell’ostaggio – i banditi telefonano a sacerdoti di Perugia,Dino De Megni risponde con interviste al Tg1- è stato chiesto un riscatto diventi miliardi di lire. I pubblici ministeri Fausto Cardella e Giacomo Fumu- anticipando una legge dello stato- sequestrano i beni della famiglia . Le trattative si interrompono a dicembre: la banda si spacca sull’entità del riscatto.C’è chi è pronto a cedere anche per due miliardi. Il riscatto non comunque non viene pagato. Per far tornare a casa Augusto è scesa in piazza la città. Hanno fatto appelli il Papa e il presidente della Repubblica Francesco Cossiga buon amico di Augusto De Megni senior,il nonno, potente esponente della massoneria internazionale. Hanno indagato i migliori uomini del Ministero degli Interni,tra i quali futuri capi della polizia come Gianni de Gennaro e Antonio Manganelli. Tutti, sette persone,esecutori,telefonisti,carcerieri e fiancheggiatori sono stati scoperti e condannati. Qualche dubbio su chi realmente ha messo i DE Megni nel mirino dell’anonima sarda. Il collaboratore che ha portato polizia e carabinieri in Toscana ad un passo dalla prigione è stato ucciso appena ha rimesso i piedi in Sardegna; al fiancheggiatore-carceriere che ha indicato la prigione hanno ammazzato un parente e l’ abitazione. I responsabili non sono stati identificati.
La vicenda è raccontata in <<Un bambino da fare a pezzi>> di Alvaro Fiorucci-Edizioni Morlacchi-Perugia-