I tempi della giustizia e i trenta anni del caso Narducci
Ci sono due date nel calendario della Suprema Corte di Cassazione che potrebbero mettere la parola fine ai processi sulla morte del medico perugino Francesco Narducci avvenuta 27 anni fa. Ma in quelle stesse date la stessa Corte potrebbe disporre nuove udienze per due questioni rilevanti rimaste incompiute. In questo caso la durata della vicenda giudiziaria sforerebbe i trenta anni: una durata da annali giudiziari. Una conferma che comunque siano andate le cose, qualunque sia l’interpretazione da dare alle verità giudiziarie acquisite o ancora da acquisire con certezza definiva in maniera che non sia più possibile rimetterle in discussione, chiunque abbia visto giusto o sciaguratamente sbagliando, far luce sugli interrogativi relativi alle ultime ore di vita (dall’otto al 13 ottobre 1985) del medico è stato uno dei casi giudiziari più ingarbugliati,scottanti, scomodi, compromettenti e d eclatanti tra quelli che hanno attraversato la fine del secolo scorso e l’inizio del corrente. La Corte di Cassazione il 22 novembre esamina infatti il ricorso del pubblico ministero Giuliano Mignini contro la sentenza del giudice Paolo Micheli che ha prosciolto una ventina di indagati per il presunto depistaggio che avrebbe nascosto il movente e le cause della morte del medico perugino Francesco Narducci. Tra gli indagati alcuni familiari e personaggi influenti anche tra gli inquirenti di allora. Omicidio con movente legato ai delitti del Mostro di Firenze sostiene la procura della repubblica ( e un’archiviazione del gip Marina De Robertis gli da una ragione che la difesa contesta). Una disgrazia o un suicidio la caduta dal motoscafo e l’annegamento nelle acque del Trasimeno, è la replica del giudice preliminare e con diverse sfumature quella convinta e a volte stizzita delle diverse difese chiamate a fare il loro lavoro per articolate ipotesi di reato (dall’associazione a delinquere all’occultamento di un cadavere, all’utilizzo di un secondo cadavere, alle false dichiarazioni al piemme).Nessuna prova a carico degli inquisiti e talvolta addirittura niente prove che i reati contestati siano stati realmente commessi , ha stabilito il giudice dell’udienza preliminare. In Cassazione per ricorso contro i proscioglimenti ci sarà anche la vedova del medico Francesca Spagnoli, con l’avvocato di parte civile Francesco Crisi. L’otto febbraio 2013 invece la corte esaminerà il ricorso della procura generale contro la sentenza della Corte d’appello di Firenze che ha annullato la condanna di Giuliano Mignini e dell’ex dirigente della polizia Michele Giuttari per presunti abusi d’ufficio commessi indagando su funzionari della Polizia di Stato e su giornalisti . Il processo di primo grado potrebbe essere rifatto a Torino per competenza territoriale. E’ su questo crinale che il muro dei trent’anni di misteri potrebbe essere abbattuto. Si sa, i tempi della giustizia in Italia sono lunghi.