Una lavatrice marca “Apogeo”: i soldi della camorra in Umbria
C’è un milione di euro da investire. Sono soldi sporchi. Sono soldi come scrive il pubblico ministero Antonella Duchini “dell’associazione di tipo mafioso denominata camorra ovvero casalesi di Villa Literno “. Sono soldi da ripulire. Ed ecco come si fa. Ed ecco come potrebbero aver ragionato nella fase progettuale. Ipotesi. Congetture. Forse vicine alla realtà. Forse non nel caso specifico. Comunque nei canoni di certi fenomeni criminali. Si punta l’Umbria che è una delle regioni più tranquille dal punto di vista del controllo criminale del territorio. La conoscono bene questa regione. E’ una piazza frequentata per via dell’attività di un altro ramo d’impresa, quello che si occupa degli affari della droga. Hanno i loro terminali. Sanno che non c’è criminalità indigena. Con la ‘ndrangheta che ha le stesse mire si può venire a patti. Basta non creare problemi. Vicendevolmente. Anche con i mafiosi nigeriani si può convivere, a patto di non disturbarli. Sanno che la crisi sta portando alla stadio terminale decine di piccole e medie aziende in decozione da tempo. E a questo punto la verosimiglianza con il reale delle ipotesi e delle congetture si riscontra nelle carte della pubblica accusa. Dunque, un gioco da ragazzi farle fallire e tirar fuori profitti con operazioni finanziarie ben architettate e senza scrupoli. E a questo gli imputati si sarebbero dedicati. Soprattutto nei settori dell’immobiliare e del turismo. Sanno che con l’acqua alla gola non si distingue più l’odore delle banconote. Sanno che è facile trovare prestanome e in caso di difficile reperibilità inviarli dalla casa madre e piazzarli dove serve. E’ il 2011 e l’effetto più visibile di quello che la Direzione Distrettuale Antimafia ha scoperto sono i sigilli messi a certi palazzoni appena costruiti alla periferia di Perugia in zona ex Margaritelli. Oggi quelle decine di appartamenti sono tornate nella mani della società costruttrice – vittima anche lei della camorra. E ci sono 14 persone rinviate a giudizio. Processo, uno dei primi grandi processi contro la camorra, in calendario il tra un anno, il 17 maggio 2016.Durante l’udienza preliminare il giudice Lidia Brutti un indagato è stato assolto. Un altro ha patteggiato una condanna a un anno e otto mesi. Non solo gli appartamenti di Ponte San Giovanni. I casalesi avevano fatto buoni affari acquisendo completamente o controllandole una quindicina di società dei comparti edilizia, ristorazione, alberghiero. Un albergo è nel centro di Perugia. Un altro nella periferia del capoluogo umbro. Un altro ancora nel centro di Pesaro. Una finanziaria era collocata in svizzera. Tutto il resto in Umbria. L’organizzazione operava dunque con un ampio portafoglio di società. Alcune, hanno scoperto gli investigatori, totalmente inesistenti. Altre farlocche. Operazione “Apogeo” l’hanno chiamata. Per portare sul banco degli imputati un’associazione a delinquere finalizzata a commettere i reati di truffa aggravata, riciclaggio, bancarotta fraudolenta, evasione delle imposte, false fatture. Con l’aggravante di agevolare la camorra e i casalesi di Villa Literno. Una macchina per lavare e fare soldi. Una macchina che si è guastata quando alcune prestanome si sono sentiti in pericolo e hanno raccontato quello che sapevano. Ad ascoltargli gli agenti del Gico della Guardia di Finanza e del Ros dei carabinieri. Fine dell’operazione. E tutti i quattordici rinviati a giudizio innocenti fino all’eventuale condanna definitiva.