All’insaputa di tutti il percolato della mafia scorre alla luce del sole
Curiosamente il percolato mafioso scorreva alla luce del sole. Singolarmente lo spessore criminale di alcuni dipendenti per le attività isolane era scritto negli accessibili certificati penali .Persone legate al potente clan dei Santapaola. Fatti ,affari e alleanze erano per niente sconosciute nei diversi ambienti di pertinenza. Pare tutti avrebbero potuto/dovuto sapere tutto. Di tutti. O, quantomeno, avrebbero potuto/dovuto farlo con facilità. Eppure soltanto adesso ,dopo l’’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Perugia e le 50 cartelle di interdittiva antimafia del prefetto del capoluogo umbro Antonella De Miro , si sente dire con compita contrizione: attenzione c’è il malaffare che bussa alla porta. Bussa? Il malaffare in generale e senza riferimenti alle vicende odierne ha da tempo varcato l’uscio. E’ entrato . Ovviamente senza bussare. Ma questa discrasia temporale non deve stupire: per almeno un ventennio le fonti ufficiali hanno parlato di rischio quando, per dirne una, il mercato della droga era già in mano alle mafie multietniche come un fiume di soldi sporchi aveva eroso come materiale carsico settori economici in difficoltà e altri ne avrebbe erosi negli anni a venire, per dirne un’altra. Altro che rischio. Oltre la soglia del rischio e senza bussare. Appunto. Ma questo è un altro discorso . O forse no. Comunque adesso non è il caso. Lasciamolo perdere.Torniamo ai sospetti che questa volta coinvolgono Gesenu . Con un avvertimento bello, grande, evidenziato per tutti le inchieste penali possono finire in un nulla di fatto, gli indagati ( per il momento quattordici per l’inchiesta di casa nostra che chiamano in causa le discariche di Pietramelina e di Borgogiglione) possono essere prosciolti da ogni accusa e le accuse risultare magari infondate; contro i provvedimenti amministrativi si può far ricorso e il Tar o il Consiglio di Stato possono dire, ad esempio, che il provvedimento prefettizio deve essere rivisto, modificato, annullato. Prudenza dunque. Tanto più che sia la vicenda penale perugina che quella amministrativa nata in Sicilia e traslata in Umbria hanno appena mosso i primi passi. Dunque nessun giudizio che dia patenti a chi quelle patenti un giorno potrà dimostrare di non meritarle affatto. Stiamo all’oggi. Per il resto si vedrà. Dunque l’inchiesta della DDa. Appena due giorni fa il giudice Alberto Avenoso ha fatto sequestrare una parte della discarica di Pietramelina, una porzione di bosco e di un tratto del torrente Mussino a valle della discarica stessa che era stata già oggetto di una ispezione il 12 e il 13 ottobre in seguito alle indagini del nucleo investigativo di polizia ambientale e Forestale di Perugia che per conto del pm Valentina Manuali indaga su presunte irregolarità nel ciclo del trattamento dei rifiuti. Traffico illegale, inquinamento, associazione a delinquere le accuse mosse ad alcuni soggetti , una quindicina, del management Gesenu e Tsa, società partecipata dalla prima. L’ipotesi che ha portato a quest’ultimo sequestro è che nell’area della discarica posta sotto sequestro, tra il 2010 e il 2014 siano state smaltite senza autorizzazione almeno 30mila tonnellate di concentrato, un fango derivante dal trattamento del percolato, ovvero di quel liquido che si forma nelle discariche con le infiltrazioni d’acqua e che può contenere anche metalli pesanti. Il concentrato sarebbe stato fatto ricircolare nel corpo di discarica. Operazione questa non prevista nell’autorizzazione assegnata alla discarica ma che sarebbe emersa già nel corso dei sopralluoghi di metà ottobre insieme a presunti affioramenti di percolato e sversamenti di acque forse inquinate al di fuori della discarica. Acque che potrebbero aver contaminato il torrente mussino. Per questo capitalo ,5 per ora gli indagati, di cui tre alti dirigenti della Gesenu. A questo punto torniamo all’interdittiva, che è un provvedimento, che tra l’altro, impedisce al destinatario di partecipare ad appalti pubblici e lo obbliga ad attenersi alle limitazioni stabilite dal Prefetto in base alle leggi antimafia e sulla trasparenza della pubblica amministrazione. Precisazione: tra l’inchiesta penale e il provvedimento interdittivo non ci sono rapporti. Se non la circostanza che Gesenu è su entrambi i fronti seppure per faccende diverse. Dunque nelle carte spedite dalla prefettura di Catania a quella di Perugia c’è –tra l’altro- anche un elenco redatto il 16 giugno 2015 dal comando provinciale dei carabinieri . Nove nomi con accanto il dettaglio dei precedenti penali: associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, omicidio in concorso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione continuata, tentata estorsione, tentata rapina. Quei nominativi, specifica la prefettura etnea, sono di dipendenti della Gesenu. Ma i pregiudicati che figurano nei libri paga dell’azienda perugina sono in tutto ventinove. “E bastano queste presenze – sottolinea nell’ interdittiva antimafia il prefetto Antonella de Miro illustrata in un recente servizio del Tgr dell’Umbria- ad indicare una familiarità ed una permeabilità agli ambienti criminali dislocati su varie aree del territorio nazionale”. Ma le “criticità” non riguardano soltanto il passato del “cinque virgola ventisette per cento della forza lavoro della Gesenu” come precisa puntigliosamente la dottoressa De Miro. Ci sono, e pesano, le indagini ed i provvedimenti giudiziari che riguardano diverse società di quella che l’ufficio territoriale del governo definisce la “galassia Gesenu”. Nelle stesse carte ci sono inoltre- ha raccontato sempre il tg regionale della Rai-le inchieste sulle discariche di Mazzarrà Sant’Andrea e Mascalucia in Sicilia, a Messina e Catania, nelle quali sono coinvolte il consorzio Simco e la TirrenoAmbiente, ma anche, appena al di la dei confini dell’Umbria, nel viterbese, l’operazione “Vento di Maestrale” dei carabinieri del Noe che indagano per frode e truffa in pubblica fornitura.