Droga:la tragica normalità delle morti per overdose
Non ci può essere il ritorno di qualcosa che mai è andata via. Non può chiamarsi emergenza una situazione uguale a se stessa per picchi di gravità da almeno un ventennio. La durata nel tempo fa assumere al fenomeno considerato emergenza una condizione di permanente, difficile e complessa normalità. Tre morti per probabile overdose in poche ore comportano certo lutto,dolore , esecrazione, ma non necessariamente allarme per qualcosa di nuovo che va a peggiorare una situazione già segnata da una tragica consuetudine . Le morti per overdose sono un incidente, non sono il fenomeno. Anche per coloro che controllano il business . Non le cercano queste morti. Se ne fregano, ovviamente. Ma le morti fanno rumore, riaccendono i riflettori, risvegliano le polemiche. Portano complicazioni, intoppi, fastidi. Non la paralisi delle attività’ criminali pero’ ,a leggere documenti processuali o a farsi raccontare indagini di un certo spessore. In genere a Perugia, come a Milano,a Bari come a Firenze , la droga può uccidere per cause diverse: il forte ricambio dei pusher (denunce, arresti, allontanamenti) con i rimpiazzi che devono fare esperienza perché spesso non conoscono le sostanze, i clienti, il contesto nel quale vengono scaraventati ; lo smercio di nuovi principi attivi dei quali né i dettaglianti né i consumatori conoscono la potenza devastante; il taglio sbagliato letale per l’eccessiva purezza come per l’impiego di additivi che fulminano cuori e cervelli. Di per se il numero delle morti per overdose non e’ il paradigma delle dimensioni e della gravità del problema. Non ci sono indicatori che fotografano una corrispondenza di questo tipo: in quel determinato luogo nel periodo in cui il numero delle vittime si è abbassato, è calato anche il volume di affari delle mafie italiane ,nigeriane, libanesi o di altra nazionalità che hanno negli stupefacenti il motore dei loro affari sporchi e puliti. In genere affari sporchi che diventano economia e finanza pulita. E neppure, di converso: in quel determinato luogo nel periodo in cui il numero delle vittime è andato crescendo è cresciuto anche il volume degli affari di trafficanti, grossisti, dettaglianti, spacciatori di piazza.. A prescindere dal numero delle vite uccise dalla droga, il mercato si è espanso senza soluzione di continuità. Ovviamente anche a Perugia dove la domanda è forte e l’offerta è capillare. Come in ogni città italiana dove la presenza giovanile ha una posizione di rilevo nelle dinamiche sociali. La conta delle morti per overdose o per altre ragioni comunque legate all’assunzione di sostanze, non e’ lo specchio più’ fedele delle variazioni che interessano le fluttuazioni del mercato e le trasformazioni delle organizzazioni criminali che ne traggono guadagni e potere. Sembrano essere molto più indicativi i risultati delle attività di contrasto della polizia, dei carabinieri, della guardia di finanza. E queste, per il numero di persone individuate, denunciate o arrestate, allontanate o espulse , per le ramificazioni ricostruite, per quantitativi sequestrati sembrano raccontare la storia di un consolidamento e di un radicamento molto forte. Una storia che non è locale, ma globale .Una storia che non si ferma a contare i morti. Una storia che dagli spacciatori tunisini di Fontivegge risale ai cartelli messicani o colombiani. E’ la storia di sempre. Per questo a Perugia non c’è nessun ritorno. Non c’è nessun ritorno perché questo business criminale non si è mai allontanato.