Storie di “Lupi” e delle loro fughe diverse
Le analisi che tendono a sovrapporre la vicenda criminale di Igor Vaclavic, sembra questa l’identità al dunque accertata, a quella di Luciano Liboni rischiano di produrre un falso storiografico. Non c’è infatti nelle storie personali dei due banditi un elemento che li accumuni più di quanto siano genericamente paragonabili tutti coloro che delinquono e uccidono. I due sono diventati assassini per strade completamente diverse, stando a quello che è noto del ricercato di oggi . E’ nella fuga che sembrano-ma soltanto per brevi tratti- percorrere/ripercorrere strade che attraversano situazioni paragonabili. Per esempio è comune la dote fisica della capacità di nascondersi negli ambienti più ostili e di sopravvivere nelle condizioni più estreme. Per questa capacità Luciano Liboni è stato “il lupo” e il serbo Igor Vaclavic è diventato “Il lupo”. L’ Umbro è stato prima il “Cinghiale” : circondato tante volte, stanato mai, fin dai primi furti e dalle prime rapine . Poi, parecchi anni dopo, è diventato “Il Lupo” per la necessità criminale di reagire con ferocia ad ogni tentativo di cattura; il secondo ha assaltato assassinandolo un barista ed è stato subito “il Lupo” imprendibile che uccide un’altra volta. Diverse le strategie . Il primo si spostava da una regione all’altra ; il secondo sarebbe ancora (versione ufficiale ) nella zona dei suoi delitti più gravi e cioè tra Bologna e Ferrara. Di Liboni si presume che alla fine abbia cercato aiuti e coperture per tornare all’estero da dove era venuto. Ma i complici di una volta non si sarebbero fatti trovare. Vlacavic sta facendo, in chissà quale modo, la stessa ricerca ? Il “Lupo “quando si sente in pericolo ha bisogno di ritrovare il branco. E questa ricerca forse è stata la fine di Luciano Liboni. Igor Vaclavic avrà il tempo di raggiungere il suo branco ? E’ possibile che l’abbia già raggiunto?
Una breve sintesi dal passato.
Un concerto di Simon e Garfunkell è la colonna sonora dell’ultima puntata della fuga del Lupo.Il 31 luglio 2004 una cinquantenne di Reggio Emilia arrivata a Roma per il concerto lo riconosce nella zona del Circo Massimo, lo segnala ai vigili urbani, i vigili urbani chiamano i carabinieri, i carabinieri arrivano con due moto. Gli danno l’alt, lui si gira e spara. Spara e prende in ostaggio una famiglia di francesi .Spara anche uno dei carabinieri. Un colpo devasta la testa del bersaglio . Luciano Liboni ha 46 anni ed è in fuga da sempre. In fuga da Monte Falco dove è nato ,alla ricerca di una vita diversa ,in mondo diverso che non troverà mai. Una ricerca che gli ha dato poco e il peggio: la droga,le rapine,i furti , una caduta dopo l’altra anche su strade meno storte e più pulite , la solitudine come cifra criminale e condotta individuale. Luciano Liboni detto il Lupo- per la capacità di vivere braccato- ha un progetto balordo da portare a termine ed è spietato con ogni ostacolo vero o presunto. Tante rapine e con il bottino aprire un ristorante nello Sri Lanka dove la sua donna l’aspetta. L’ultima alternativa criminale che si è dato. L’ultima allucinazione prima della morte. Le tracce del lupo segnano una scia di sangue. Il 22 luglio 2004 la bestialità è fatta di proiettili che spezzano la vita ad un giovane carabiniere che in provincia di Pesaro gli ha chiesto i documenti. Luciano Liboni spara e uccide Alessandro Giorgioni, un carabiniere che ad un controllo stradale gli aveva chiesto i documenti della moto. Due anni prima a Ponte san Giovanni di Perugia aveva sparato per ammazzare un benzinaio che lo aveva visto alla guida di un’auto rubata. L’uomo si salva ma le ferite sono gravi. E poi ancora sparatorie contro carabinieri e poliziotti a Roma e dintorni. Fino al giorno del concerto di Simon e Garfunkel. Fino a quando con gli ostaggi sotto tiro lancia l’ultima sfida: sono morto , ma questi li ammazzo.Il sangue degli altri per continuare a fuggire. Ma questa volta una pallottola lo ferma per sempre.