Il Mostro di Foligno e la telecamera che non c’è
Per alcuni la spesa avrebbe sforato quegli otto milioni di lire che nessuno aveva in bilancio. Altri dicevano che forse si sarebbe trovato un qualche modo di scendere a cinque e che era il caso di tentare. I pessimisti erano perplessi se non contrari: l’assassino non si farà vedere proprio e allora a che serve l’apparecchiatura? La burocrazia, al dunque, vinse ogni dubbio. Non si trovò la voce che giustificasse l’esborso. E così la telecamera che forse avrebbe potuto impedire che il Mostro di Foligno facesse una seconda vittima non fu acquistata. Eppure l’assassino tornò sul luogo del delitto e la registrazione che avrebbe dato un volto al fantasma che inafferrabile minacciava nuove delitti con un po’ di fortuna avrebbe chiuso il caso in tempo.
Il ragionamento che avevano fatto alcuni investigatori si può riassumere così : il Mostro che ha rapito e ucciso Simone Allegretti il 4 ottobre 1992 ha un comportamento metodico,feticistico, rituale. Potrebbe tornare sul luogo del delitto. Ma dov’è il luogo del delitto? Non sotto la pianta di noci dove l’ha preso e portato via ,non in quella scarpata dove ha fatto ritrovare il cadavere,non su quell’area di chilometri quadrati battuta palmo a palmo. Nella mente di chi ha ucciso la scena del crimine potrebbe apparirgli nella tomba del cimitero di Fiamenga che custodisce il corpo della piccola vittima. Ecco quindi la proposta della telecamera. Teniamo sotto osservazione quel loculo : potrebbe tornare. Dentro l’obiettivo è come se fosse dentro il carcere. La telecamera non arrivò . Venne comandata una ronda che passasse di tanto in tanto. Invece l’assassino tornò, come dicono che torni sempre, sul luogo del delitto , trasferito dal pensare criminale del Mostro,proprio sulla tomba. Lo scoprì la mamma del bambino massacrato qualche giorno dopo il funerale quando trovò il portafoto a pezzi senza la fotografia del figliolo. Quella fotografia fu ritrovata un anno dopo quando Luigi Chiatti confessò al sostituto Michele Renzo l’omicidio di un altro ragazzino Lorenzo Paolucci. Era il 7 agosto 1993.L’immagine di Simone era in un cassonetto con i vestiti sporchi del sangue di Lorenzo. E la telecamera? Siamo nel campo dell’eventuale. Se ipoteticamente fosse stato possibile collocare una telecamera nascosta ( all’epoca non era facile,quegli apparecchi erano più grandi di una scatola di scarpe) con l’obiettivo che puntava sulla tomba, l’incursione di Luigi Chiatti sarebbe stata registrata e con quelle immagini il geometra avrebbe chiuso con i suoi progetti di morte senza colpire una seconda volta. Semplice? Semplice incidere il nastro magnetico. Certo non proprio il risultato. Un’ombra magari incappucciata che si aggira nel buio di un cimitero è poco dal punto di vista investigativo. Ma sarebbe stato qualcosa di più del niente che il lavoro febbrile di quei giorni aveva raccolto.
(da il Messaggero)