“Il sangue delle donne” : trenta anni di femminicidi in Umbria. Gli aggiornamenti Eures.
(da SKYTG24)
-Nei primi dieci mesi di quest’anno in Italia le vittime di femminicidio sono state 106, una ogni 72 ore: il 7% in meno dello stesso periodo dell’anno scorso, quando erano state 114 .È quanto emerge dall’aggiornamento statistico sul fenomeno curato da Eures – Ricerche economiche e sociali, in vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre. I dati però restano allarmanti. Dal primo gennaio al 31 ottobre 2018 i femminicidi sono saliti al 37,6% del totale degli omicidi commessi nel nostro Paese (erano il 34,8% l’anno prima), con un 79,2% di femminicidi familiari (l’80,7% nei primi dieci mesi del 2017) e un 70,2% di femminicidi di coppia (il 65,2% nel gennaio-ottobre 2017). Colpisce il progressivo aumento dell’età media delle vittime, che raggiunge il suo valore più elevato proprio quest’anno: 52,6 anni per il totale delle donne uccise e 54 anni per le vittime di femminicidio familiare (in molti casi donne malate, uccise dal coniuge anch’esso anziano, che poi a sua volta si è tolto la vita).Dal 2000 uccise oltre 3mila donne.
Tra il 2000 e i primi dieci mesi di quest’anno le donne uccise sono state 3.100, una media di più di tre a settimana. E in quasi tre casi su 4 (il 72%) si è trattato di donne vittime di un parente, di un partner o di un ex. “Perché la coppia – avverte l’Eures – rappresenta l’ambito più a rischio per le donne, con ben 1.426 vittime di coniugi, partner, amanti o ex partner (pari al 66,1% dei femminicidi familiari e al 47,6% del totale delle donne uccise).” Nel 2017 si registra la percentuale più elevata dell’intero periodo considerato di femminicidi familiari (112 su 141, pari al 79,4%) ed una delle più basse per i femminicidi di coppia (67, pari al 59,8%) mentre aumenta l’incidenza delle madri uccise dai propri figli (16,1%).
Il nord e Roma aree più a rischio
Il nord si conferma l’area più a rischio, concentrando la prevalenza degli omicidi con vittime femminili (il 45,4% nel 2017) davanti a sud (36,3%) e centro (18,4%). A livello regionale, il maggior numero di femminicidi si concentra in Lombardia (24 nel 2017, pari al 17% del totale, di cui 17 familiari) davanti a Lazio (9,2%), Puglia (9,2%), Campania (8,5%), Veneto (8,5%), Emilia Romagna (7,8%), Piemonte (7,1%), Sicilia (7,1%), Toscana (6,4%) e Sardegna (5,7). A livello provinciale, invece, è l’area metropolitana di Roma a conservare nel 2017 il primato di territorio più “pericoloso”, con 10 donne uccise (pari al 7,1% del totale), seguita da Milano, con 7 vittime (di cui 6 all’interno del contesto familiare o amoroso), Bari, Caserta, Como e Catania con 5 ciascuna e Chieti, Parma, Taranto e Venezia con 4.
La maggior parte delle vittime lascia dei figli
I femminicidi che si consumano all’interno della coppia si verificano più spesso all’interno delle coppie “unite” (52 vittime nel 2017, pari al 77,6% delle vittime di femminicidi di coppia) e in particolare quelle sposate e conviventi (32 vittime, pari al 47,8%), in cui, spiegano i ricercatori dell’istituto, “si generano i maggiori conflitti e le più forti patologie”. Le donne uccise da ex rappresentano una minoranza (15 casi nel 2017, pari al 22,4%). Nella maggioranza dei casi, le donne uccise nella coppia avevano dei figli: il 67,2% nel 2015, il 51,4% nel 2016 e il 54,2% nel 2017.
I moventi
Alla base dei femminicidi familiari ci sono nella maggior parte dei casi motivi “passionali”, ovvero un’idea malata di possesso (il 30,6% dei casi nel 2017) ma si uccide anche in seguito a liti o dissapori (25%), perché l’autore soffre di un disturbo psichico (22,2%) o in conseguenza di una malattia o di una disabilità della vittima (12%).
Le denunce inascoltate
Secondo l’Eures, oltre un terzo delle vittime di femminicidi di coppia ha subito nel passato ripetuti maltrattamenti, rappresentando l’omicidio l’atto estremo di ripetute violenze fisiche e psicologiche: il 34,7% dei casi noti nel 2015, il 36,9% nel 2016 e il 38,9% nel 2017. Un dato su cui riflettere: nella maggioranza dei casi (il 57,1% nel 2017) tali violenze erano note a terze persone e nel 42,9% delle occasioni la donna aveva presentato regolare denuncia. Senza evidentemente ricevere un’adeguata protezione.