Il rasoio di Occam e le avanguardie della mafia
Tre fatti, uno dietro l’altro, nel tempo breve di un anno, in una piccola provincia, potrebbero essere il frutto della casualità se , come vuole la teoria del rasoio di Occam, la comprensione di un qualsiasi fenomeno complesso va cercata nella spiegazione più semplice. Sulle prime infatti non c’è altro da annotare che l’accidentalità nel loro ripetersi. Poi però la Direzione Nazionale Antimafia si riunisce a Perugia e dice che l’Umbria, pur totalizzando ancora zero alla voce omicidi di stampo mafioso. non è più vergine come lo era stata fino agli anni novanta. E che i tre fatti hanno in comune non il caso ma una genesi criminale che, al contrario del teorema di Occam, richiede, per venirne a capo, la formulazione di ipotesi complesse. Almeno questa volta l’intuizione dello studioso francescano vissuto nel XIV secolo deve necessariamente essere messa da parte. Nel 1996 quando si verificano i tre fatti da almeno un decennio gli inviati delle cosche non sparano, ma riciclano somme ingenti di denaro. Fanno affari di ogni sorta, business piuttosto che pizzo e lupare, seguendo strade tortuose come nei tre casi di questa storia. Ecco che infatti a Terni la squadra mobile guidata da Piero Angeloni consegna ai magistrati Cardella, Renzo e Cannevale della Distrettuale, un rapporto su certe operazioni finanziarie con annessa denuncia di sei perone e a una teoria di perquisizioni che dopo Palermo hanno toccato Agrigento, Roma e Amelia. Gli investigatori hanno trovato le carte che documentano come ingenti capitali appartenenti ai famigliari di un boss latitante fossero investiti dalle loro teste di legno in lavatrici piccolo-imprenditoriali sparse per l’Italia Centrale. Curiosità a latere: mentre Terni indaga e segue il flusso del denaro ,Perugia ospita boss e pentiti di Cosa Nostra interrogati per il processo per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli inviato quassù per competenza territoriale. Ma questa, appunto, è solo una curiosità. I riciclatori vengono scoperti in agosto. A novembre dello stesso anno ecco che la Finanza controlla i libri contabili di due società con un corposo giro d’affari. Guadagni sostanziosi, ma tenuti nascosti: l’evasione fiscale è calcolata in otto miliardi di lire. Nessuna delle due società aveva svolta quella pratica noiosa della denuncia dei rediti. Secondo gli investigatori erano state create soltanto per riciclare i soldi sporchi che certi compari dei promotori spedivano periodicamente, rigorosamente in contanti, da un paio di città siciliane. Intanto era entrata in azione una banda di rapinatori. Sul finire dell’anno avevano portato via 250 milioni dalla Casa di Risparmio di Spoleto della città del Festival, e poco dopo 750 milioni dalla filiale ternana della stessa banca. Quattro, l’interro commando, furono presi un mese dopo in Sicilia, Si, a Palermo perché quelle centinaia di milioni servivano alla cosca di Brancaccio che un tempo controllava l’intero rione e che un recente blitz con tanti arresti tra gli affiliati aveva scompaginato. Per dirla con la Direzione Nazionale Antimafia : è per i capitali, in entrata e in uscita, che l’Umbria diventa appetibile per la criminalità organizzata. Con il passare degli anni, l’accumulazione di sostanze finanziarie avrà una crescita esponenziale con l’incremento dello sfruttamento della prostituzione e il commercio dell’eroina e della cocaina. Tutto è ora più complesso. E una complessità di questo tipo non si può certo sfoltire con il rasoio di Occam.
(da Il Messaggero)