Magistrati sotto inchiesta: ritorno al passato
Se le amicizie di Luca Palamara e i verbali di Piero Amara fossero fulmini e grandine dello stesso temporale si potrebbe dire che la perturbazione è tornata a Perugia dove tanto tempo fa se ne avvertirono le prime avvisaglie. La procura della repubblica che-per il coinvolgimento di un buon numero di magistrati romani- oggi indaga sulle vicende dell’ex presidente del Csm e sulle denunce dell’avvocato dei dossier milanesi – è, infatti, lo stesso ufficio che nella seconda metà degli anni ’90 aveva sotto inchiesta fatti e personaggi che finirono, per semplificare, in un unico contenitore che si chiamò, indifferentemente, “tangentopoli due” o “toghe sporche”. Etichette che dicono tutto. Etichette di una stagione che sembra, appunto, rifiorire in questi giorni. Da La Spezia, Roma e Milano arrivò così tanto lavoro da portare al limite del collasso gli uffici di piazza Matteotti. Che invece resistettero e vinsero, con pochi uomini e scarsi mezzi, una scommessa particolarmente difficile. Erano fascicoli che coinvolgono giudici e pubblici ministeri, politici e finanzieri, portaborse e imprenditori. Storie di corruzione e di aggiustamento di sentenze. Storie di amicizie pericolose e di bustarelle intascate da gente con la toga. Nelle carte di allora non c’erano carriere spartite a tavolino tra le correnti del Csm come racconta oggi Palamara. C’erano soldi e favori sulla falsariga di quelle che ora Amara- mette in conto ad una loggia segreta chiamata a Ungheria. E altre vicende prossime a queste che investirono di sospetti un gran numero di magistrati e , di conseguenza, la magistratura stessa. Altri tempi, altre storie, personaggi usciti di scena, si potrebbe dire : mica tanto. Quando è il 1997 le inchieste, tra quelle che fanno clamore e quelle che passano inosservate, sono alcune centinaia. Corruzione è la parola che ricorre in migliaia di carte sequestrate o scritte dalla polizia giudiziaria, Sono giorni in cui passeggiano per corso Vannucci , per varie ragioni , magari soltanto come persone informate dei fatti, e, se indiziati di reato , in attesa dei diversi esiti processuali, assoluzioni comprese, personaggi conosciuti e potenti. Come il capo dei gip Renato Squillante o il presidente della sezione fallimentare Ivo Greco. E poi, sempre tra i magistrati, Orazio Savia, Antonio Vinci, Filippo Verde, Francesco Misiani, Giorgio Castellucci. Tra gli avvocati Cesare Previti e Sergio Melpignano. Tra gli imprenditori Gianni Mezzaroma e Domenico Bonifaci. Tra i finanzieri Pierfrancesco Pacini Battaglia ed Enrico Nicoletti. E ancora: il manager delle ferrovie Lorenzo Necci e il generale della guardia di finanza Nicolò Pollari. Lo scontro tra accusa e difesa è particolarmente duro perché gli argomenti che tocca sono nervi scoperti. Non c’è un filo rosso che tiene insieme le diverse inchieste. Ci sono nomi e reati che ricorrono in più fascicoli. Per rendere un clima: da Milano arrivarono per un consulto Gherardo Colombo e Ilda Boccassini. Non un’associazione a delinquere, ma più casi di corruzione disinvolta e protratta nel tempo, spiegarono gli inquirenti. La politica, colpita e fiaccata da “Mani Pulite”, osserva “Toghe Sporche” e chiede: una riforma generale della giustizia con nuovi codici e nuovi meccanismi , con maggiori professionalità e precise responsabilità, processi più rapidi e meno costosi. Allo scoppiare dei casi Palamara e Amara, Perugia è di nuovo uno snodo giudiziario e i partiti, sono tornati sulle barricate a chiedere le stesse cose di un quarto di secolo fa.
(da Il Messaggero)