La “verità” impegnativa di Rudy Guede
“Io so la verità e anche Amanda la conosce”. È la frase più impegnativa pronunciata da Rudy Guede nella prima intervista rilasciata dopo aver scontato 13 anni di carcere per l’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia la notte dell’1 novembre 2007. Impegnativa perché mai prima con tanta nettezza aveva affermato di conoscere la “verità” sul delitto di via della Pergola e di condividerla con Amanda Knox. Affermazione che si presta inevitabilmente vista anche la complessità della vicenda giudiziaria ad essere interpretata come un’allusione a qualcosa di non conosciuto. Ad una tessera da inserire in un mosaico incompiuto. Durante i tempi lunghi delle indagini e dei processi Rudy Guede, non senza fatica e non senza incertezze, ha periodicamente affermato di aver sentito una voce – lui era al bagno con la musica nelle orecchie – che gli è sembrata essere quella di Amanda e poi, dopo aver tentato di soccorrere la vittima, di essere stato ostacolato nella fuga da un giovane a cui non ha saputo dare un nome, ma che poteva corrispondere nel fisico a Raffaele Sollecito. Affermazioni di un tempo ormai remoto, che così sinteticamente riassunte, non sembrano avere quella compiutezza delle frasi raccolte ora da “The Sun”. Del resto anche Amanda Knox qualche giorno prima, commentando la scarcerazione aveva definito il neodottore ivoriano “l’uomo che ha ucciso Meredith Kercher”, circostanziando un’accusa che nelle precedenti dichiarazioni processuali non ha avuto la nettezza di adesso. Altrettanto netto Raffaele Sollecito, recentemente: “Mi dispiace solo che non si sia pentito dopo aver ammazzato una ragazza”. Ed è proprio questo scarto di tono nell’uso delle affermazioni e dello scambio di accuse a indurre alcune domande forse non del tutto pleonastiche: a quale “verità” si riferisce ora Rudy Guede? A quella processuale e a tutti nota? Oppure è qualcosa di diverso? Sappiano che lui sulla scena del crimine c’era e che è l’unico condannato per la morte della studentessa inglese. In concorso però con altre due persone che non sono state identificate. I coimputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati assolti definitivamente per non aver commesso il fatto dopo un’altalena di giudizi sulla quale sono saliti i media di mezzo mondo. Se la “verità” che Rudy Guede dice adesso di conoscere (e con lui la conoscerebbe Amanda Knox ) è quella che c’è nelle carte dell’ultima sentenza, appare singolare che non sia stata esplicitata nei suoi contenuti e messa lì quasi a produrre la suggestione di cose non dette. Anche se una precisazione la fa nella frase letta per intero: “Voglio dire solo che lei dovrebbe leggere i documenti e i documenti affermano che c’erano altri e che non ho inflitto le ferite. Io so la verità e anche lei la sa”. Appunto, come si diceva, a cosa allude? Alle carte processuali? Se così fosse dov’è la notizia? Se questa “verità” che oggi guadagna i titoli dei giornali fosse “altra” è bene che si conosca. Che la conosca la magistratura e l’opinione pubblica. Non tanto per un colpo di scena o per uno scoop, piuttosto perché Meredith Kercher abbia una giustizia piena. Senza dubbi.