La pistola fantasma e i bossoli di Perugia
È a Perugia dal 1974 la prova che il mostro di Firenze ha ucciso più volte utilizzando sempre la stessa Beretta calibro 22, Long Rifle, modello 70. Convinzione non condivisa da tutti gli investigatori e non concordi tutti i tecnici che se ne sono occupati, ma che ancora tiene comunque banco nonostante il trascorrere del tempo, più di mezzo secolo. La prova è allegata al fascicolo del processo a carico di Stefano Mele, condannato dalla Corte d’Appello umbra, dopo un rinvio dalla Cassazione, per aver assassinato la moglie e l’uomo di una sua relazione segreta, a Castelletti di Signa nel 1968 : seminfermità mentale, quattordici anni. Un fatto di sangue che per un lungo periodo è stato ritenuto il primo della serie e , di conseguenza, viatico per la cosiddetta pista sarda alla quale un giudice, Mario Rotella, metterà fine il 13 dicembre 1989, quando sono trascorsi quattro anni dall’ultimo duplice omicidio che in tutto sono stati contati fino a otto. Una catena di morte per la quale anche più soggetti appartenenti, come Stefano Mele, alla comunità sarda sono stati indagati, ammanettati e poi scarcerati quando, con loro in cella, il mostro ha continuato a colpire. Il collegamento con il 1968 arriva nel 1982, quando le vittime sono, con Antonella Migliorini e Paolo Mainardi, già otto. Un collegamento opera di un maresciallo dei carabinieri di Lastra a Signa che trova delle similitudini con l’assassinio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco. Per saggiare la tenuta di questa intuizione ci vorrebbe almeno la possibilità di comparare bossoli e proiettili esplosi che in entrambi i casi sono stati trovati sulle scene del crimine. E, singolarmente perché scampati alla eliminazione dei più vecchi corpi del reato, i reperti dei colpi esplosi sui corpi dei due amanti a Castelletti di Signa sono ancora a Perugia, imbustati e spillati, per un caso singolare e fortuito, nel faldone che contiene le carte del processo a Stefano Mele. Le comparazioni, sulle prime, dicono che sì, dal 1968 in poi a sparare è stata la stessa pistola: tutti i bossoli hanno stampigliata sul fondello una identica lettera H. Tutto lineare? La suggestione è forte .Tommaso D’Altilia, uno specialista, consulente tecnico dei magistrati fiorentini dice che non è così: i proiettili del 1968 sono stati esplosi da una vecchia Beretta che ha un caricatore da otto colpi. La Beretta che ha ucciso dal 1974 in poi, fino al 1985, ha invece il caricatore con una capacità di dieci colpi. E, infatti, un colonnello dell’esercito Innocenzo Zanuttini, chiamato ad esprimere il suo parere di artigliere, attesta che l’arma , dall’esame dei bossoli, appare usurata e probabilmente arrugginita. La perizia segna uno spartiacque: la serie del mostro comincia dal 1974;l’agguato del 1968 è un’altra storia. Tommaso d’Altilia avanza inoltre un’ipotesi che ancora una volta chiama in causa Perugia ed esprime dubbi sulla qualità della tenuta dei reperti da parte degli uffici del tribunale di Perugia Non esclude , addirittura, che il ritrovamento dei bossoli possa essere stato una sorta di depistaggio per spingere gli inquirenti sulle tracce di quel gruppo di sardi finiti più volte nelle indagini. Scrive: posso dire che il depistaggio è avvenuto nella città di Perugia o, meglio, al Tribunale di Perugia. Tutti i reperti erano presenti quest’ultimo tribunale da cui si deduce che solo presso quegli uffici sia stato effettuato lo scambio dei bossoli affinché quelli della serie partente dal ’74 coincidessero con l’arma dell’omicidio del ‘68”. Parecchie pagine di calendario e poi arrivano Pietro Pacciani e i compagni di merende. E dei bossoli di Perugia non si parlerà più.
Gentile dr. Fiorucci usciranno nuovi libri sul mostro di firenze??grazie!!iulii