Emanuela Orlandi, Sabrina Mainardi e il rifugio di Perugia
Sabrina Minardi, ex moglie del calciatore Bruno Giordano, dieci anni con Enrico De Pedis, il capo della componente più ricca , feroce e ammanicata della banda della Magliana si rifugiava nel suo appartamento di Perugia quando aveva bisogno di tenersi lontana dalle sregolatezze e dai fastidi romani. Le capitava di assentarsi spesso e per lunghi periodi: allora subaffittava quell’alloggio ad un paio di prostitute guadagnando sulla maggiorazione del canone. Un sovrapprezzo mai troppo esoso. Non aveva bisogno di soldi, era l’abitudine a far girare gli affari, comunque e in ogni circostanza. Lei, la donna che incontrava con facilità il vescovo Paul Marcinkus dello Ior come il banchiere Roberto Calvi dell’Ambrosiano, il cardinale Ugo Poletti come il piduista Flavio Carboni , conosceva i tanti segreti dei personaggi più in vista di quegli anni che precipitavano verso la fine della prima repubblica.Frequentava ambienti esclusivi popolati da potenti di varia genia che la coprivano di soldi e di gioielli. Ascoltava discorsi che, senza rete, saltavano dalla ragnatela di Licio Gelli, alla mafia di Pippo Calò, alle trame dei servizi segreti, al movente del sequestro di Emanuela Orlandi, scomparsa da Roma il 22 giugno 1983, ai tanti ammazzati delle faide criminali. Scambi di favori, interessi sottobanco, valigiate di banconote; sullo sfondo eroina , cocaina, sale giochi e casinò. Una escort? Forse. Soprattutto la compagna del principe del crimine capitolino che la ostentava , la tradiva, la utilizzava come carta moschicida. Dunque, Perugia. Lo ha raccontato ai magistrati , agli inviati di “Chi l’ha visto? e, più recentemente, nel libro “Segreto Criminale” di Raffaella Notariale: quell’appartamento l’abitava di tanto in tanto, per brevi soste tra un viaggio e l’altro. Il suo centro di gravità era Roma, la capitale dell’impero di Enrico De Pedis alias Renato o Renatino, il boss dei testaccini, che dopo l’agguato mortale a Franco Giuseppucci e la morte di Danilo Abbruciati , ucciso da un metronotte mentre sparava a Roberto Rosone vicepresidente del Banco Ambrosiano, aveva preso il controllo della banda. In uno di quei pochi giorni a Perugia , qualcuno la chiamò al telefono per dirle che l’uomo di quella importante storia di amore e di malaffare si era appena sposato con un’altra. Quasi sviene, racconta a Raffaela Notariale. Poi parte per i Brasile. Rientra in Italia il 31 gennaio 1990. Il 2 febbraio dell’anno successivo Renato De Pedis è un cadavere crivellato di colpi a Campo de’ Fiori. Nel 1994 Sabrina Minardi abita ancora nel capoluogo umbro. La procura della repubblica di Prato la vuole a giudizio con altre cinque persone. In Toscana con una complice subaffittava un paio di appartamenti a sei prostitute colombiane e brasiliane. Come a Perugia. E un perugino teneva il registro degli appuntamenti. Poi il pentimento, le dichiarazioni sui misteri della Banda della Magliana e i rapporti oltre le mura leonine, i paradisi fiscali, i locali per le notti brave dove tutto si mischiava. Racconta della banca vaticana che riciclava i soldi della mafia, delle amicizie cardinalizie che hanno fatto spazio tra le tombe di Sant’Apollinare per la sepoltura di Renato De Pedis. Racconta anche che Emanuela Orlandi , è stata rapita per inviare un segnale al Vaticano per i soldi investiti e persi nel gorgo del crack dell’Ambrosiano. Nel 2008 le sue dichiarazioni riaprano le indagini: la cocaina del passato, un brutto incidente stradale , la salute che non l’assiste: la credibilità della donna scema tra preconcetti e mancati riscontri. ( scritto per “Il Messaggero)