I furti di rame e gli affari della criminalità
A star dietro a tutti i passaggi di mano di un vaso di rame rubato in un cimitero umbro si potrebbero percorrere migliaia di chilometri per raggiungere la destinazione finale che in genere è in uno dei paesi dell’Africa del nord o dell’Europa dell’est dove la materia prima scarseggia e sono floride le operazioni di riciclaggio. Controllate anche finanziariamente dalla criminalità organizzata. Le mafie italiane e straniere, spesso in attività consociata, controllano l’andamento del mercato ufficiale e si regolano di conseguenza: quando il prezzo sale , mettiamo che superi gli otto euro al chilo, i furti aumentano perché si allarga contemporaneamente il margine del profitto delle compravendite illegali che può superare la soglia del cinquanta per cento che è il ricavato medio dei furti . Soprattutto se è materiale vergine come quello stoccato nei depositi ferroviari, delle compagnie telefoniche o delle aziende che lo impiegano per la costruzione delle linee elettriche. Appartengono a questa tipologia due furti avvenuto a distanza di venti anni l’uno dall’altro. Il primo fu il saccheggio del magazzino delle ferrovie di Orvieto Scalo. Quattro slavi partiti da Roma portarono via con due furgoni rubati otto bobine di rame ancora imballate, valore un miliardo. Colpo clamoroso, ma andato a vuoto. La banda venne intercettata dai carabinieri: due arresti e due fuggiaschi. Read more…