1959: non sarà la BBC però è stato un successo (la Rai in Umbria)
di Allan Fontevecchia
Quando Jimmy arriva sul Monte Peglia, la Rai e l’Umbria cominciano , per strade parallele, una lenta corsa ventennale verso la modernità . Il servizio pubblico radiotelevisivo ha appena collegato il sud al nord e già chi pianifica un futuro di decentramento territoriale dell’azienda. Mentre la Regione, allo stato nascente, fa i conti con la nuova organizzazione dello Stato: la regionalizzazione è la sua scommessa per il domani . Percorsi per scenari inediti che finiranno in tempi diversi per condizionarsi a vicenda L’Umbria, proprio con gli impianti della Rai ha cominciato a perdere quella marginalità economica e sociale alla quale il dopoguerra l’aveva relegata. Siamo alla fine degli anni ’50 . L’ epopea avventurosa dei ripetitori sulla montagna di San Venanzo , presidio di un paese ora tecnologicamente unito, è già cominciata . Storia di persone , ma non solo. Jimmy, infatti, è, anche lui, un protagonista di quegli anni pioneristici, che è rimasto nella memoria degli uomini. Bell’esemplare di pastore tedesco è stato addestrato a far da portalettere al gruppo dei tecnici che presidiano gli impianti e che spesso rimangono isolati per la neve: il servizio postale a quattro zampe . E poi la prima sede, inaugurata in via Baglioni il 3 ottobre 1959 dal ministro Giuseppe Spataro, ex partigiano dei Gap, accompagnato dal conte Leopoldo Notarbartolo di Sciara , nobile siciliano elegante come un personaggio de “il Gattopardo”. Gli studi radiofonici perugini – come questo piccolo capitolo di una grande storia documenta elencando fatti, personaggi e curiosità- diventano presto una preziosa succursale per quelli romani troppo carichi di impegni. Così è facile incontrare per strada un allegro Claudio Villa che registrata la sua trasmissione in divisa da centauro , che rientra a Roma rombando in moto per corso Vannucci. E Maurizio Costanzo? L’inventore dei talk show arrivava con borsate di nastri incisi con il mitico “Nagra” e trascorre pomeriggi interi al montaggio , preciso e inflessibile. Tanti altri indimenticabili professionisti hanno avuto supporti decisivi per i loro lavori che dissodavano campi mai arati : Silvio Noto , Dina Luce ,Enzo Tortora, Piero Angela, Luciano Rispoli, Marcello Marchesi, Mike Bongiorno, Carlo Dapporto, Renato Tagliani, Renzo Arbore, Gianni Buoncompagni. Insomma, i più bei nomi della nascente radiotelevisione e dei programmi a quiz . Sudori freddi per vincere un abbonamento al “Radioccorriere”. Religioso silenzio all’ascolto dei radiogrammi che oggi si chiamano podcast. Memorabile le battaglie perse di Gubbio e Todi a “Campanile sera”. “ Qua e là per l’Umbria” è stato un rotocalco radiofonico varato nel 1960 di imprevisto e diffuso successo che è entrato negli annali della radiofonia. Ideato e coordinato Renzo Giacchieri, regista e inflessibile maestro di dizione, nei testi le avventure di Catterina, Pompeo, Bossolino ed Ernestino gente di famiglie appena inurbate, con vista sugli effetti del boom economico, interpretati in dialetto. L’empatia con gli ascoltatori -o abbonati, come si chiamavano allora fu immediata, prima di diventare utenti… Quasi un divertente processo di identificazione. La domenica, alla messa in onda, tutti gli apparecchi erano sintonizzati sulle frequenze del programma : in sala da pranzo la famiglia riunita, la radio accesa, tagliatelle e pollo arrosso con le patate a centro tavola. In ascolto anche gli abitanti di una larga fetta di Roma dove la ricezione era buona come la popolarità dei personaggi. Tanti followers primordiali ma puntuali e affezionati come quelli dei social di oggi. Share paragonabile a quello di “Alto Gradimento”. E non è un’esagerazione. Buoni anche gli ascolti dei notiziari radiofonici ( “Il corriere dell’Umbria” ) che prima di via Baglioni venivano messi in onda dalla capitale. Via Teulada era una trasferta obbligata per il confezionamento dei servizi televisivi. Nelle salette di montaggio si indossavano camici e guanti bianchi. Come nelle sale operatorie .Il 1975 è l’anno in cui il controllo dell’azienda- attraverso la nomina dei suoi vertici- passa dal Governo al Parlamento. Con la stessa legge che cambia le procedure per la scelta del management viene istituita la Terza Rete , il Tg3 e l’informazione regionale. Restano intatti gli intrecci strutturali con la politica e i partiti, ma c’è la volontà – lo dichiarano un po’ tutti- di attuare un forte incremento del pluralismo e del decentramento. Permangono le polemiche sulla lottizzazione che viale Mazzini si porta sulle spalle da quando c’è .Nel 1978 c’è la sperimentazione del telegiornale locale. Supervisore Alberto La Volpe che è stato sindaco di Bastia Umbra ( ed è vicedirettore con Sandro Curzi del nascente tg capitanato da Biagio Agnes). In cucina, tra gli altri, . Sergio Nasini ( in arrivo dal Tg1, compagno di banco di Bruno Vespa) , Sergio Canciani che diventerà corrispondente da Masca, Mario Pogliotti , inventore, tra l’altro del varietà nazionale “No stop” ( con Carlo Verdone, Massimo Troisi , Marco Messeri, Francesco Nuti…) e un giovane Agostino Saccà , già lanciatissimo verso la Direzione Generale che avrà tra qualche anno. Seguono dal lontano con variabile interesse : Italo Moretti rientrato dal Cile dopo il golpe di Pinochet, Dante Alimenti il prima a intervistare un Papa, Gianni Pasquarelli economista al tg nazionale che salirà tanti gradini, fino alla direzione generale, Carlo Fuscagni, scopritore del talento della sua concittadina Monica Bellucci e grande amico di Alberto Burri che in via Masi viene a guardare in bassa frequenza le partite di pallone che non venivano trasmesse in diretta. Si comincia con ascolti bassissimi- da prefisso telefonico, dicono i detrattori- anche perché la copertura del segnale è limitata ad alcune piccole aree del centro del capoluogo regionale. Lo studio e le apparecchiature sono negli scantinati messi a disposizione dalla Regione che, come istituzione, andava verso il decimo compleanno. E Lamberto Sposini, uno dei primi conduttori , con il copione sottobraccio, i capelli alla Lucio Battisti farà la spola tra via Baglioni e i sotterranei di palazzo Cesaroni per diversi mesi. Affianca il telegiornale una programmazione televisiva regionale di rete – guidata da Adriano Gatti- che con documentari e inchieste si immergerà nelle tante emergenze di quegli anni. Esperienza che finirà nel gennaio del 1988. Intanto è arrivato il tempo di una sede adeguata allo sviluppo territoriale dell’azienda. La scelta cade su un edificio di via Masi che è stato convento e caserma dei carabinieri. L’inaugurazione il 28 settembre 1981 con il ministro delle Poste Remo Gaspari e il presidente della Rai Sergio Zavoli. Comincia una nuova era. L’informazione tende alla capillarità piazzando collaboratori ovunque, pure nel più sperduto paesino della Valnerina . Contemporaneamente parte un processo organizzativo per una buona informazione di servizio per i cittadini quotidianamente alle prese con le tante burocrazie del paese. Decisivo questo ruolo in occasione delle grandi catastrofi naturali, del Covid, degli accadimenti di cronaca di interesse nazionale. Dal 1992 la Scuola di Giornalismo di Ponte Felcino pompa nuove energie in tutte le redazioni italiane. E non è soltanto questione di Monica Maggioni, Alberto Matano, Marco Franzelli Giovanni Floris o Giovanni Scaramozzino o di Alessio Zucchini. È questione che è da lì che arriveranno giovani professionisti attrezzati per i necessari ricambi generazionali. Non mancano critiche e obiezioni – politiche per lo più- ma lo share cresce fino agli attuali numeri record registrati oggi dall’Auditel. Il telegiornale che faceva numeri da prefisso telefonico è un soggetto centrale nel panorama dei mezzi di comunicazione di massa con circa il 16,8 di share alle 14 e intorno al 14,05 alle 19,35 . Il ditale ha cambiato tutto , uomini donne, professionalità e macchine : la Tgr che ha 24 siti ha sulle 430 visite al giorno che fanno 12 milioni in un anno. Un’altra epopea da affrontare con quella di esserci da protagonisti che hanno quelle squadre di lavoratori hanno affrontato per tirar su le torri del Monte Peglia