Perugia,la droga,l’accoltellato e il flash mob della paura
L’accoltellamento di piazza Danti,un pusher tunisino sbudellato da un fornitore albanese per via di un debito di droga non saldato è, tecnicamente,un fatto di rilevanza penale uguale o inferiore ai cinque precedenti più prossimi. Dei quali però si è detto di sfuggita per via dell’abitudine. E non è una fregnaccia asettica asserire l’incomparabilità con il morto ammazzato fresco di pochi mesi, giù un paio di chilometri, al bar della Pallotta. L’accoltellamento di piazza Danti ha, nonostante questo dato di fatto, un impatto pesante (sproporzionato?) sulla percezione della (in)sicurezza da parte dei cittadini e sulla percezione della impunibilità che quindici minuti di sbando totale hanno dato a chi quello sbando violento ha guidato e dominato da momentaneo padrone dei luoghi e delle persone. Una terribile rilevanza. Non si ravvisano, a non mischiare arbitrariamente generi e a fermarsi ( nella globalizzazione che tutto globalizza, ogni tanto è giusto farlo per non accendere alibi) nel cerchio stretto della città, effetti da impatto sociale di uguale misura neanche nelle ancora calde rapine con stupro (Pietramelina) o con morto sparato (Luca Rosi ) o nello sgozzamento mai raffreddato di Meredith Kercher. Era presto. E’ successo nel salotto buono del centro storico prima dell’ora di quella tipologia di nottambuli che pare preoccupi più di altre. Ha avuto uno sviluppo prolungato nel tempo e nello spazio. Spettatori- testimoni- vittime stimati nell’ordine di centinaia. Come dire la città persa dietro i fatti suoi che ad un certo punto si ferma e si specchia. Il flash mob della paura . E vede una pozza di sangue ancora neanche rappreso perché a maggio pare scoppiata l’estate. Su quel sangue che è anche sangue perso dallo sfregio che una città sente di aver subito ora bolle la pentola del che fare. Dalle pentole non di distillano medicine , al massimo brodaglie per una non corretta alimentazione che alla lunga provocano epidemie che diffondono il morbo della generalizzazione. Qui invece serve la differenzazione specialistica pur sempre dentro la stessa cucina.Il problema specifico è il pusher albanese che si difende dal fornitore albanese , ma il problema generale è il traffico internazionale della droga controllato dalla criminalità organizzata, dalle mafie nostrane ,da quelle africane, da quelle dei paesi dell’est. Il traffico è questione da Dia, da Ros, da Gico, da Direzioni Distrettuali Antimafia, da Direzione Nazionale Antimafia. Il traffico è un forte generatore di profitti, di ingenti capitali che una volta lavati inquinano le cosiddette economie pulite. E in tempi di crisi come questi si può presumere che sempre meno soggetti vadano a vedere qual è il colore dei soldi. Ora ,francamente:Palazzo dei Priori contro i Narcos? Vigili Urbani e Guardie Provinciali contro la ‘ndrangheta?Un posto fisso della Polizia e dei Carabinieri in piazza IV Novembre contro gli affari sporchi dei Casalesi? Hai voglia a insolentire Boccali e su su, a salire,il Questore e il Prefetto. No, non si va da nessuna parte se non si mira in alto:puoi deportare i pusher che vuoi,puoi mettere le telecamere che vuoi, puoi rivitalizzare quanto ti pare, ma se la criminalità resta incistata dentro l’economia e la finanza globali , altri pusher prenderanno quel posto con il coltello tra i denti e altri fornitori esigeranno il pagamento del dovuto con il coltello in mano. Questa è una guerra che non si combatte solo a Perugia : è una guerra infatti che chiama alle armi i ministeri dell’Interno,degli Esteri,della Difesa, i Servizi Segreti, i Nuclei di investigatori più selezionati , i pool di magistrati più specializzati. E’ una guerra che si combatte in Parlamento con le leggi che servono: e sono leggi che non riguardano l’orario dei bar. Una città, Perugia (nelle sue articolazioni statali e locali, nelle scelte dei suoi amministratori e nelle scelte dei suoi cittadini) è chiamata comunque a fare la sua parte. E’ la parte complementare alla parte principale di cui si è detto. Più polizia nelle zone dello spaccio,in maniera permanente e non soltanto nelle fasi acute delle periodiche emergenze, strade meglio illuminate, tolleranza zero per l’immigrazione clandestina,per i fiancheggiatori (consapevoli?Inconsapevoli?) degli gli affitti in nero, per i favoreggiatori (consapevoli?Inconsapevoli?) attraverso il lavoro nero; più iniziative, più occasioni di ordinato svago, più luoghi e occasioni per stare insieme anche senza ingollare birra e shottini. C’è tanta acqua da togliere alla vasca nella quale nuotano i pesci piccoli e grandi della criminalità anche con i secchielli sempre più forati delle autorità cittadine. Se c’è chi colpisce duro alla testa , anche il lavoro ai fianchi può fermare il Moloc che genera la fobia dello stato d’assedio permanente. Ci deve essere però l’uno e l’altro, nessuna anatra può essere zoppa : altrimenti è inutile vagheggiare del pur necessario ritorno della vita nel centro storico con più residenti e più botteghe a fare da vero presidio contro il malaffare. Con la rottura dell’immobile mercato immobiliare. Con la rottura dell’immobile mercato delle licenze commerciali. Con una qualche ragione in più per prendere il Minimetrò e tornare a fare le vasche oggi che va di moda il vintage. Risposte che già sono state date mentre altre sono da inventare. La parola alla politica, in crisi pure essa. Ma se ha saputo leggere la manifestazione di sabato scorso sa dove prendere l’ossigeno per smettere di boccheggiare. Anche per il fiato inutilmente sprecato nelle polemiche partigiane che impediscono di vedere su quale palcoscenico un magrebino e uno dell’est si prendono a coltellate o a pistolettate. E impediscono che qualcuno si faccia domande impertinenti. Del tipo: quale partito, quale coalizione, quale organizzazione è capace oggi a Perugia di mobilitare 5-600 persone che pur con qualche inciampo da neofita in piazza riescono ad essere esplicite e chiare su quello che vogliono? Hanno risposto in tanti perché Facebook li ha fatti protagonisti.