Le indagini scientifiche in tre grandi casi giudiziari
Al Cenacolo di Assisi magistrati,criminologi,esperti di medicina legale , scrittori e cronistisi si sono confrontati sull’importanza delle indagini scientifiche nel processo penale, sulle trasformazioni che negli ultimi decenni hanno cambiato il modo di condurre, coordinare,portare a processo il lavoro investigativo. Giornalisti e scrittori hanno contribuito al dibattito raccontando le loro esperienze: quelle vissute attraverso l’osservazione e l’analisi dei maggiori casi di cronaca come quelle di pura fantasia ma con un forte radicamento nella realtà oggettiva delle nostre città,delle nostre regioni,della nostra società. Partita dalle indagini e dai processi per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher , per quanto riguarda l’Umbria, la discussione si è sviluppata sui casi che riportiamo di seguito.
-3 OTTOBRE 1990- 22 GENNAIO 1991-SEQUESTRO AUGUSTO DE MEGNI-<<Un bambino da fare a pezzi-sequestro e liberazione di Augusto de Megni>> In questo libro Alvaro Fiorucci racconta le fasi di un’indagine classica che raggiunge due scopi: liberare l’ ostaggio di un sequestro di persona a fini estorsivi; portare davanti ai giudici prove certe della colpevolezza delle persone arrestate per i reati connessi. Gli inquirenti ,tra i quali due futuri capi della Polizia,Gianni De Gennaro e Antonio Manganelli sono partiti dagli elementi più semplici e subito disponibili: inflessione, scambio di parole, statura,aspetto , modo di operare, comportamento ,mezzi di fugo. Chiaro il movente , subito sottopressione gli ambienti che in Umbria e in Toscana venivano considerati prossimi ai latitanti dell’anonima sarda protagonista in quegli anni di una serie di sequestri di persona a scopi estorsivi. E quindi subito sottomonitoraggio alcune persone considerate di spicco e avvicinamento di possibili informatori. Poi telefoni sottocontrollo, pedinamenti, sequestro dei beni della famiglia. Da un fondo riservato del Ministero degli Interni si attingono le risorse necessarie per favorire la collaborazione di persone bene informate. Si arriva dopo alcune settimane all’individuazione della prigione e alla liberazione dell’ostaggio. Non c’è niente di scientifico in questa indagini. Allora tutto si giocava sulle impronte palmari ( ma nel nostro caso i banditi agirono con i guanti) , sulle tracce delle calzature (l’impronta di uno scarpone si rilevo importante ,ma in sede processuale), eventualmente sull’analisi fisico-chimica di elementi raccolti sulla scena del crimine ( nel nostro caso l’analisi del fango trovato all’interno di una delle auto dei sequestratori fu utile come elemento probatorio di partecipazione ). Niente luminol, niente Dna, niente apparecchiature sofisticate , niente studio dei computer e dei telefonini che ora, spesso, risulta risolutivo: quelli non erano ancora gli anni giusti.Per mancanza di materia prima.Dunque eccoci di fronte ad uno degli ultimi casi rilevanti risolti esclusivamente con gli strumenti più classici e tradizionali dal punto di vista investigativo mentre fu altamente innovativa (e per questo risolutiva) l’interpretazione del Codice di Procedura Penale da parte del sostituto procuratore Fausto Cardella che anticipò la normativa sul sequestro dei beni di chi subisce un rapimento e deve pagare un riscatto. OTTOBRE 1992-7 AGOSTO 1992- I DUE OMICIDIO DEL MOSTRO DI FOLIGNO-<<Il cacciatore di bambini-biografia non autorizzata del Mostro di Foligno>>.In questo secondo libro invece Alvaro Fiorucci racconta ancora un’indagine esclusivamente tradizionale ( di scientifico ci sono una seconda autopsia utile a smascherare un mitomane ma non a fermare un assassino destinato a diventare seriale secondo le sue stesse dichiarazioni,perizie sui messaggi scritti dal ricercato senza volto e senza nome e, in un’altra fase, perizie sulla capacità di intendere e di volere dell’autore di due feroci delitti ) ma con nessun risultato concreto nella fase investigativa ( o preventiva). Positive invece le acquisizioni successive ai delitti di cui si parla . Positive per il dibattito processuale.Luigi Chiatti uccide Simone Allegretti, si autodefinisce Mostro di Foligno nei messaggi nei quali sfida gli investigatori ( o forse chiede aiuto, chiede di essere scoperto), ma è imprendibile pur essendo dentro una lista di 500 sospetti che si riduce nel numero con il passare delle settimane e con lo svolgimento delle verifiche che producono eliminazioni. Luigi Chiatti non viene fermato anche se- almeno in famiglia e da una psichiatra- aveva lasciato segnali che potevano far scattare l’allarme ( lo stoccaggio di vestiti e generi alimentari per la fuga con due bambini che voleva allevare) . Forse poteva essere forse fermato da un ausilio tecnologico: una telecamera sulla tomba della prima vittima che non viene messa perché lo Stato non trova otto milioni di lire. Chiatti su quella tomba ci va per rubare la foto della sua piccola vittima. La telecamera l’avrebbe ripreso, sarebbe stato identificato, le indagini si sarebbero messe sulla pista buona. Ma la telecamera non c’è.Luigi chiatti torna a colpire, uccide Lorenzo Paolucci, e viene fermato soltanto perché a differenza della volta precedente non riesce a cancellar4e le tracce dello sgozzamento del ragazzino con il quale giocava a carte.Quindi caso con indagini classiche che non trovano, però, la pista giusta.2001-2013-INDAGINI SULLA MORTE DEL MEDICO FRANCESCO NARDUCCI-<<48 small- il dottore di Perugia e il mostro di Firenze>>. In questo caso- ricostruito da Alvaro Fiorucci_ l’intreccio tra indagine classica (testimonianze, interrogatori,riscontri, informatori o presunti tali) e indagini scientifica ( autopsia, esami antropometrici, fisica, matematica, fotometria) è stato particolarmente stretto. Anche se ha portato a esisti giudiziari diversi e contraddittori. Questa indagine ha cercato da un lato di stabilire le cause della morte del medico Perugino Francesco Narducci e a verificare supposti collegamenti di questa morte con i delitti del Mostro di Firenze. La morte avvenne nel 1985 fu archiviata come annegamento dovuto a una disgrazia o forse a un suicidio. Conclusione determinata senza il fondamentale esame autoptico e senza svolgere i più elementari accertamenti di polizia giudiziaria. Tutto era apparso chiaro: non c’erano responsabilità. Nel 2001 la Procura della Repubblica di Perugia acquisisce elementi- soprattutto testimonianze, registrazioni di telefonate anonime, documenti dai quali risultano manomessi i certificati di morte,il nulla osta per la rimozione del cadavere, sbianchettate e sovrascritte le date della morte, un troppo scarno rapporto delle autorità di polizia,il verbale di una affrettata ricognizione cadaverica,nessuna documentazione fotografica- per riaprire un’indagine archiviata nel 1986.
La Procura contestualmente e contemporaneamente raccoglie testimonianze intorno ai collegamenti con il Mostro di Firenze che hanno ravvivato un favola metropolitana subito realtà nell’opinione pubblica fin dal 1985. C’è la riesumazione e dall’autopsia i consulenti del piemme accertano la frattura di un corno tiroideo ( effetto di uno strozzamento) e e concludono che un omicidio per strozzamento è la causa della morte del medico perugino. L’assenza di diatomee ( sono dei microrganismi che si trovano nell’acqua) li porta ad escludere che il corpo abbia avuto una permanenza nelle acque del lago Trasimeno e conferma loro che la morte non è dovuta ad annegamento. Condiviso dalle parti il fatto che Francesco Narducci faceva uso di meperidina che è un oppiaceo che si usa in sala operatoria. La sorpresa necroscopica più grande però arriva dalla comparazione tra le dimensioni del cadavere fotografato sul Molo di Sant’Arcangelo il 13 ottobre 1985 da Pietro Crocchioni con le dimensioni di Francesco Narducci in vita. La consulente della procura dottoressa Gabriella Carlesi stabilisce :altezza 1,75 e corporatura da 54-56 e non da 48 small che era la taglia dei pantaloni che il medico indossava anche dentro la bara. Seconda consulenza affidata al Ris del generale Luciano Garofano: altezza massima 1,65 centimetri. Insomma non c’è identità tra i due cadaveri tra il cadavere di Narducci esaminato a Pavia e il cadavere fotografato da Pietro Crocchioni sul molo di Sant’Arcangelo all’atto del ripescaggio. Un mistero. Due inchieste. La prima ha come ipotesi di reato un omicidio volontario. La seconda ipotizza l’attività quasi ventennale di un’associazione a delinquere per mascherare quell’omicidio. La lettura di un gup: è stato omicidio volontario, non è morto annegato, è stato strozzato , possibili i collegamenti con il mostro di Firenz,e archiviazione con il proscioglimento degli indagati come chiesto dal pm perché non ci sono prove. La lettura del gup che si occupa dell’associazione a delinquereè diametralmente opposta : niente associazione a delinquere, niente omicidio,niente collegamenti con il mostro. Un buco nell’acqua. Ricorso e Cassazione: niente associazione a delinquere, una serie di reati prescritti, cinque indagati per reati minori di nuovo davanti al gup.In questo caso, dunque,investigazioni tradizionali e investigazioni scientifiche basilari si incrociano,ma portano a conclusioni diverse per una lettura diversa dei dati acquisiti. In questo caso, si potrebbe dire che tre verità quella dei fatti, quella giudiziaria e quella immaginata dalla gente hanno ingaggiato una guerra che, una battaglia giudiziaria dopo l’altra non è ancora finita. In conclusione abbiano visto indagini scientifiche e indagini classiche convergere e nello stesso tempo divaricarsi. E questo- in fondo è il dispiegarsi dei meccanismi che regolano il sistema giudiziario italiano.