L’omicidio di Noemi e il paradigma di un femminicidio
Era evitabile l’omicidio della sedicenne di Specchia massacrata a pietrate dal fidanzato diciassettenne? La madre aveva denunciato situazioni evidenti ed effetti indiscutibili di un comportamento terribilmente violento. Tanto violento da non poter non mettere nel conto il precipitare nell’assassinio brutale che è questa terrificante esemplificazione di un femminicidio. La denuncia , a quanto pare, invece non avrebbe prodotto neppure l’avvio di tentativi di tutela immediata. Ci sarebbe stata inadeguatezza dove sarebbero servite tempestività ed efficacia. Perché? Non sono all’altezza del male le norme di legge scritte per fermarlo? Ci sono stati disattenzione, trascuratezza, errori di valutazione e omissioni e quindi ci sono responsabilità personali? Il contesto nel quale i due giovani e le loro famiglie si muovevano, sapeva , vedeva, ma si è voltato dall’altra parte ? Servono subito delle risposte chiare. Perchè questa denuncia inascoltata gela ogni ottimismo di quanti sono impegnati ogni giorno di fermare l’ondata di violenza che si abbatte sulle donne . Nei dibattiti che hanno fatto seguito alle presentazioni del libro “Il sangue delle Donne- trenta anni di femminicidi in Umbria “- tutti gli interventi finivano lì: educazione nelle famiglie e nelle scuole, partecipazione attiva delle collettività, tutela delle ptutti gli interventi finivano lì: educazione, nelle famiglie e nelle scuole, partecipazione attiva delle collettività, tutela delle potenziali vittime e di chi denuncia i violenti, inviti alla liberazione da ogni condizione di soggezione.Per la giovane Noemi non sappiamo del ruolo della scuola e delle famiglie. Ma possiamo immaginarcelo. Conosciamo le leggi di cui disponiamo e sappiamo in generale che la normativa contro lo stalking sta dando buoni risultati. E’ sotto gli occhi di ogni cittadino il grado di sensibilizzazione e di specializzazioni raggiunto dalle forze dell’ordine. Quello che è successo a Specchia rischia di far vacillare il senso di sicurezza che tutto quello che , in tempi recenti, è stato faticosamente costruito contro la violenza di genere. E’ un rischio che va evitato con risposte chiare. E’ opportuno conoscere quale iter ha avuto la denuncia della madre di Noemi sulla pericolosità del ragazzo che pochi giorni dopo è diventato l’assassino di sua figlia . Anche la tempistica di attivazione è importante per non precipitare l’opinione pubblica in quel gorgo sfiduciato o qualunquista che sentenzia l’inutilità delle leggi di fronte taluni problemi . Contemporaneamente non possono tardare spiegazioni esaurienti su quello che eventualmente sostanzia i possibili errori degli uomini preposti alla esecuzione della norma . Scoprire se c’è qualcuno che ha sbagliato serve . Altro se serve. Il cinismo apparente della ricerca di una rete di protezione per tenere lontana la paura dalla propria persona o dai propri cari diventerebbe qualcosa di diverso se ognuno di noi sapesse che la rete, in questo maledetto caso, non ha retto per colpa delle persone che dovevano tenerla in piedi. E sarebbe confortante, anche se in questo momento può apparire allo stesso modo apparentemente cinico, se le cose fosse andate diversamente in un nodo della stessa rete che sta a monte degli addetti ai lavori. Sicuramente i segnali di una situazione insostenibili erano stati visti da tante persone e non solo dalla madre di Noemi. E’ opportuno sapere come questi segnali sono stati raccolti: indifferenza o azioni anche piccole, ma concrete? E’ opportuno saperlo perché il controllo sociale è la risorsa principale tra quelle che operano sul territorio. A patto che non si faccia finta di essere sordi, ciechi e muti.