Izzo,il massacro del Circeo, la scomparsa di Rossella, il mostro di Firenze e un racconto copiato.
A pagina 96 di “ 48 small- il dottore di Perugia e il mostro di Firenze ” (2012,Morlacchi editore) è scritto:<<Cortina d’Ampezzo? Si Cortina d’Ampezzo per via della scomparsa nel 1975 della diciassette Rossella Corazzin , residente nella vicina Tai di Cadore. La ragazza prima di finire inghiottita dal nulla aveva incontrato un giovane con la moto rossa. E’ quando c’è anche Perugia a caccia del mostro, sulla scia della morto color rosso di Francesco Narducci (talvolta in vacanza a Cortina) che si da un’occhiata all’incarto. Giusto un’occhiata perché basta un’occhiata per capire che a leggerlo non ci si cava niente. Non c’è una trama comune>>.Nei due fascicoli processuali che hanno chiuso la vicenda della strana morte del medico perugino nelle acque del lago Trasimeno ( archiviazione come omicidio ad opera di ignoti per la prima inchiesta ; proscioglimento di una ventina di insospettabili chiamati in causa per un presunto grande depistaggio con l’utilizzo di un secondo cadavere necessario, secondo l’accusa, per nascondere rapporti incoffessabili con i delitti del mostro di Firenze, quanto al secondo procedimento) il nome della ragazza scomparsa non ha spazio. Dunque se il racconto di Angelo Izzo,uno dei macellai del Circeo,si esaurisse, come pare si esaurisca, in quelle poche righe finite sui giornali, l’ergastolano non avrebbe fatto altro che rielaborare quello che un reporter, Roberto Fiasconaro aveva detto e scritto parecchi anni fa. La rielaborazione starebbe nel finale di prigionia , sevizie e morte collocato in una villa che si affaccia sul Trasimeno, nel quale il massacratore di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti ora coinvolgerebbe anche Francesco Narducci. Che Francesco Narducci andasse fin da giovanissimo in vacanza a Cortina è risaputo : ed è un dato di fatto che di per se non è indice di niente altro che non sia lo svago di un giovane di buona famiglia. A questo dato di fatto nel 2003 il lavoro di Roberto Fiasconaro aveva aggiunto una serie di ipotesi:il dottore perugino potrebbe essere il bel ragazzo che, in moto, una moto rossa o con un fuoristrada, più volte si sarebbe fermato a parlare con Rossella. A parlare di che? Di una passione comune: la ragazza scomparsa fotografava con grande trasporto la natura; lo sconosciuto che si faceva avanti fermandola appena fuori del paese diceva di essere un dottore appassionato di fotografia. Diceva anche di chiamarsi Gianni. Un fotografo Gianni di Prato compare anche in alcune testimonianze raccolte per le indagini del mostro di Firenze. Secondo gli inquirenti, smentiti poi dalle sentenze, nome e hobby non erano altro che la copertura che Francesco Narducci si dava frequentando persone e luoghi degli otto duplici omicidi fiorentini. Il lavoro del giornalista potrebbe essere stato utilizzato da Angelo Izzo come sceneggiatura di partenza del suo racconto: la rapimmo noi, eravamo in dieci, la portammo nella villa sul lago umbro dove l’ammazzammo di violenze. Una sceneggiatura suggestiva di una mente criminale che cerca una qualche ribalta mediatica . Le testimonianze raccolte e i collegamenti ipotizzati da Roberto Fiasconaro finirono comunque tra i materiali delle indagini sui collegamenti eventuali tra la morte di Francesco Narducci e i delitti del mostro di Firenze, riaperte nel 2002 dal sostituto procuratore Giuliano Mignini. Gli inquirenti valutarono però che non c’erano elementi sufficienti per indagare in quella direzione. Non cestinarono: misero in stand-by. Poi le indagini andarono verso la conclusione escludendo l’ utilità di un sopralluogo a Cortina. Recentemente l’autoaccusa di Angelo Izzo che intreccia una serie di casi irrisolti. La procura di Belluno nel 2016 ha spedito a Perugia per competenza territoriale ( l’omicidio di Rossella Corazzin sarebbe avvenuto nel capoluogo umbro) il fascicolo che aveva ricevuto da Roma. Perugia archiviò tutto : la testimonianza è stata valutata senza possibilità di riscontri. Ora il replay – molto più dettagliato, si dice – è sulla scrivania del procuratore capo di Perugia Luigi De Ficchy. Per quali sviluppo giudiziari?