L’Umbria val bene una cosca. Per tutte le mafie, anche per quelle straniere.
La situazione fotografata dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre del 2019 è il ritratto di una terra che non ha organizzazioni autoctone , che suscita un forte interesse di carattere economico e finanziario per tutte le mafie italiane alle quali si accodano, ma con sempre maggiori peso e decisione, quelle estere , a cominciare dalla nigeriana che è sempre più forte e aggressiva. Silenziosamente pervasiva quella di nazionalità cinese. Spesso il business criminale vede forme di aggregazione internazionale più o meno duratura. Il serbatoio dei capitali da riciclare in Umbria o partendo dall’Umbria vengono dal traffico della droga che non ha subito flessioni come lo sfruttamento della prostituzione. Investimenti puliti che si trasformano in attività di malaffare, prestiti che diventano strozzinaggio, conquista di aziende portate sull’orlo del fallimento. Ecco la scacchiera sulla quale le mafie vogliono GIOCARSI l’UMBRIA.
Quello che segue è il testo della relazione della DIA. L’Umbria presenta caratteristiche peculiari, stante la posizione di centralità geografica, nonché di vicinanza con la Capitale, caratterizzata da interessi mafiosi risalenti nel tempo.Nella regione pur non rilevandosi stabili strutture mafiose, si registrano da tempo delle proiezioni di interessi criminali, peraltro evidenziati anche dal Procuratore Generale di Perugia nella relazione sull’ amministrazione della giustizia, presentata in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario .I risultati investigativi consentono di ribadire, infatti, da un lato che la presenza delle “mafie tradizionali” risulta non radicata, ma dall’altro che l’Umbria è una di quelle regioni in cui le organizzazioni criminali apprezzano le opportunità offerte da un territorio comunque caratterizzato da una fitta rete di imprese di dimensioni piccole e medie, percepite come l’ennesima possibilità di penetrazione per il riciclaggio ed il reinvestimento dei capitali. Sussistono, inoltre, altre caratteristiche degne di nota, sottolineate nell’ultima Relazione della DNA1388, nella quale si legge, tra l’altro: “…l’insediamento di nuclei familiari di “soggiornanti obbligati” e di familiari di detenuti in regime di carcere duro presso la Casa di Reclusione di Spoleto ha nel tempo determinato una significativa presenza di soggetti collegati a gruppi di criminalità organizzata. La presenza di un consistente numero di “collaboratori di giustizia” trasferiti per motivi di sicurezza nella provincia umbra, il più delle volte unitamente ai loro nuclei familiari ha evidenziato alcune criticità.”Ed in effetti nella regione insistono 4 Istituti penitenziari (Perugia, Spoleto, Terni ed Orvieto): in particolare due di questi, Spoleto e Terni, da tempo ospitano sia detenuti sottoposti al regime speciale ex art. 41 bis 2° comma O.P.1389, sia detenuti ubicati in sezioni “Alta Sicurezza 3”1390. In particolare il carcere di Spoleto ha assunto una notevole rilevanza dopo il trasferimento, conclusosi nel 1997, dei soggetti detenuti per mafia dagli Istituti insulari di reclusione di Pianosa (LI) e Pantelleria (TP). È quindi stato fisiologico l’insediamento nelle aree limitrofe di alcuni nuclei familiari dei detenuti.Con riferimento al sodalizio crotonese dei FARAO-MARINCOLA, vale la pena di richiamare l’operazione Stige, coordinata dalla DDA di Catanzaro, che nel gennaio 2018 ha confermato gli interessi economici dell’organizzazione anche in territorio perugino. La cosca era infatti riuscita ad mpossessarsi di alcune imprese della zona del capoluogo, utilizzandole, poi, come “grimaldello” per tentare di accaparrarsi appalti nel settore edile o, comunque, per conseguire profitti illeciti portandole al fallimento dopo averne distratto il patrimonio. Un cenno merita anche l’indagine “’Ndrangames” del 2017, che nel colpire l’operatività della ‘ndrangheta del crotonese nel settore del gioco illegale, ha portato al sequestro di apparecchiature elettroniche installate, tra l’altro, presso alcuni esercizi pubblici della provincia di Perugia, gestite da soggetti collegati al clan potentino MARTORANO- STEFANUTTI.
Provincia di Perugia
La forma di criminalità più evidente nel capoluogo è quella collegata allo spaccio di droga, gestito principalmente da gruppi di soggetti stranieri, in particolare di nigeriani e albanesi. Questi sodalizi spesso agiscono in collaborazione con soggetti italiani che, in alcuni casi, ne assicurano l’approvvigionamento. Tendenzialmente, gli albanesi si occupano dello smercio di cocaina, il cui spaccio al dettaglio viene gestito da maghrebini. I nigeriani, invece, curano l’arrivo a Perugia dell’eroina. Inoltre, sono stati documentati, grazie ai sequestri di stupefacente effettuati nell’ambito delle indagini, i canali tendenziali di approvvigionamento: in particolare la cocaina perviene dalle rotte del Nord Europa, dall’Olanda, dalla Germania e da Milano; le direttrici dell’eroina partono dal centro e sud Africa, successivamente transitano in Nord Europa fino ai centri italiani più importanti e giungono, infine, sulla piazza di Perugia; la marjuana segue il classico canale della rotta balcanica. Una modalità sempre più frequente nel trasporto della droga è quella dei cosiddetti . “corrieri ovulatori”, connessa alla progressiva affermazione dei gruppi criminali nigeriani. È significativa in tal senso l’operazione “Black Channel” del 18 febbraio 2019, con la quale i Carabinieri di Perugia hanno dato esecuzione ad un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del capoluogo umbro nei confronti di 14 nigeriani, responsabili di traffico internazionale e spaccio di sostanze stupefacenti. L’attività investigativa ha ricostruito le modalità di approvvigionamento dello stupefacente proveniente dall’Olanda, con l’utilizzo di corrieri “ovulatori” – sempre nigeriani – che raggiungevano in aereo gli aeroporti di Napoli Capodichino, di Pisa o di Bologna. Da qui delle staffette provvedevano alla consegna delle sostanze psicotrope ai pusher di Perugia. Altro aspetto innovativo e di interesse è il fatto che la sostanza stupefacente veniva ripartita, già alla partenza, per singolo acquirente, mediante l’apposizione di sigle applicate con un pennarello sull’ovulo. Sempre in materia di stupefacenti, si segnala l’operazione dei Carabinieri di Perugia denominata “Arachide” conclusa il 20 febbraio 2019 con l’esecuzione di OCCC del GIP del Tribunale di Perugia, nei confronti di 10 immigrati clandestini – tutti di etnia nigeriana – responsabili di spaccio di stupefacenti del tipo marjuana nelle città di Gubbio e Gualdo Tadino. Con riferimento alla criminalità organizzata nigeriana attiva nel capoluogo, si richiama anche l’operazione conclusa il 27 aprile 2019 dalla Polizia di Stato di Perugia, che ha arrestato una coppia di coniugi della suddetta nazionalità (un terzo indagato a piede libero) accusati di associazione per delinquere finalizzata ai reati di riduzione in schiavitù e tratta di esseri umani, nonché per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione. Le vittime, anche minorenni, venivano fatte entrare clandestinamente in Italia, dalla Nigeria, dopo aver subìto violenze, vessazioni, ed essere state private dei documenti, ridotte in schiavitù e, una volta arrivate a Perugia, costrette a prostituirsi per rifondere il c.d. “debito di ingaggio”, contratto per poter affrontare il trasferimento attraverso il canale libico. A garanzia del vincolo c’era un giuramento di fedeltà siglato con i rituali religiosi. L’indagine è scaturita dalle dichiarazioni di una ragazza che, dopo essersi rifiutata di prostituirsi, è riuscita a reimpossessarsi del suo documento e a fuggire. Come accennato, anche la compagine criminale albanese risulta attiva nel traffico delle sostanze stupefacenti, riuscendo a gestire l’intera filiera, a partire, ovviamente, dall’approvvigionamento in Albania. Ne costituisce conferma l’operazione denominata “Random”1407 del 13 febbraio 2019 condotta dalla Polizia di Stato di Perugia, che ha smantellato un gruppo criminale, composto da 11 albanesi, dediti allo spaccio di cocaina proveniente dall’Albania. Le zone battute dai pusher andavano dal centro di Perugia fino a Passignano sul Trasimeno. Nella regione si rileva anche una non trascurabile presenza di immigrati albanesi clandestini – che in alcuni casi hanno offerto assistenza a latitanti connazionali – impiegati nei settori della guardiania, dell’edilizia, dell’agricoltura, della pastorizia e, se donne, spesso avviate alla prostituzione. Nel panorama delle presenze straniere, si è rilevata una progressiva incidenza sul territorio della criminalità cinese, tendente a favorire l’immigrazione irregolare di connazionali, finalizzata principalmente allo sfruttamento lavorativo. In considerazione della particolare conformazione del territorio, non manca la commissione di reati predatori, quali le rapine e i furti perpetrati da bande specializzate, anche provenienti da altre aree, sia ai danni di abitazione private che di attività commerciali (banche, sale da gioco, agenzie di scommesse, laboratori orafi.
Provincia di Terni
Per quanto riguarda la provincia di Terni, recenti indagini hanno permesso di individuare l’operatività di gruppi criminali, anche a composizione multietnica, dediti alla commissione di reati vari, dalle rapine al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dal traffico di sostanze stupefacenti allo sfruttamento della prostituzione. Nel semestre in esame, la Polizia di Stato ha proceduto, nell’ambito dell’operazione “Polluce” conclusa lo scorso mese di aprile, all’arresto soggetti rumeni ritenuti responsabili dello spaccio di sostanza stupefacente, in particolare del tipo cocaina, nelle varie zone della cittadina ternana. Particolarmente significativa anche l’operazione denominata “Toner” condotta dai Carabinieri e conclusa a giugno 2019 con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 19 soggetti italiani e marocchini. Un sodalizio criminale che aveva assunto il controllo di diverse piazze di spaccio di cocaina, hashish e marijuana non solo nelle zone della provincia di Terni, ma anche in alcuni quartieri della città di Rieti e della capitale. Nell’ambito del gruppi, i soggetti di nazionalità marocchina rifornivano gli spacciatori e pusher del territorio ternano della droga reperita a sua volta sul mercato illegale di Roma.