Un vaccino antimafia negli anni del coronavirus
E’ l’esteriorità della falsa legalità da portatori asintomatici , l’arma più usata dalla criminalità organizzata. Che non spara , non picchia, non incendia con la frequenza di una volta. La diffusione dei suoi lucrosi virus economici e finanziari avviene da tempo con metodi che non fanno rumore. Metodi da colletti bianchi, sperimentati in Umbria dai clan di Casal di Principe come dalle ‘ndrine di Cirò o di San Leonardo di Cutro o di Siderno, per stare alla cronaca più recente. Metodi che, come un’arma, vengono smontati, rimontati, raffiniti e adeguati oggi che il dopo coronavirus metterà sul mercato tante nuove occasioni. Più è grande la crisi, e questa è di proporzioni immense, più grandi le possibilità del business malavitoso. Più complessa sarà la realtà di domani, più sofisticati saranno i camuffamenti della illegalità come hanno spiegato nei giorni scorsi i magistrati Nicola Gratteri, Fausto Cardella e Federico Cafiero De Raho. E come teme il Viminale al quale ha risposto il prefetto di Perugia Claudio Sgaraglia progettando reti di intelligence territoriale. All’ insegna dell’insospettabilità crescerà la disponibilità di finanziamenti a tassi concorrenziali con quelli del sistema bancario, ma più facilmente accessibili. Ci saranno nuove liquidità cash per rilevare piccole e medie imprese o proprietà immobiliari disastrate dal distanziamento sociale. Nasceranno o si trasferiranno società plasmate sulle necessità del momento. La corsa al massimo ribasso potrebbe e portare il sistema degli appalti pubblici dentro una palude. I tentativi di infiltrazione del passato indicano che la criminalità mafiosa ha dalla anche l’esperienza e la capacità di modificarsi. Per esempio i casalesi. Quando gli affiliati di alcuni clan casertani decisero di aiutare una società che , nel 2010, alla periferia di Perugia aveva messo in piedi un cantiere da 300 appartamenti per una necessaria iniezione di liquidità non imposero mica tassi da strozzo . No, aspettarono il tracollo definitivo e si presero la società e il suo patrimonio immobiliare. Gli strateghi dell’operazione godevano di referenze di apparente legalità. Perfetti colletti bianchi, come si e detto. E bisogna ripeterlo per alcune ‘ndrine del crotonese, Giglio, Farao, Mariconcola, che nel 2012 proposero affari ad una serie di commercianti e piccoli imprenditori. Prima con le buone della immediata disponibilità finanziaria, poi con le cattive dell’usura, delle minacce, dei danneggiamenti. Uomini d’affari nel tessuto economico umbro, benefattori con tanti soldi da riciclare come le propaggini di altre famiglie crotonesi, quelle dei Mannolo, Zoffreo e Trapasso finite in una retata del febbraio scorso. Valore dei beni sequestrati, sui dieci milioni. Si diceva degli appalti . Il massimo ribasso è stato un cavallo di Troia per l’economia dell’Umbria devastata dal terremoto del 1997 : diversi appalti furono revocati e i cantieri fermati perché solo a posteriori si individuò la mano della camorra casertana che tirava i fili di pratiche apparentemente legali. E ora la grande prateria della ricostruzione dopo la pandemia. Una prateria da presidiare con tamponi e vaccini contro i portatori sani di illegalità.
( da Il Messaggero)