… e Di Pietro a Perugia rimise la toga
Il 4 febbraio 2000, il giorno in cui Antonio Di Pietro rimise la toga, dopo le dimissioni dalla magistratura di sei anni prima, alla porta palazzo di giustizia c’era la fila. Un po’ per l’importanza dell’udienza che era dedicata alla cosiddetta svendita della Federconsorzi , gigante dell’agricoltura, valore 4.800 miliardi di lire , e generoso serbatoio di voti democristiani. Molto di più per la popolarità di cui ancora godeva l’ex piemme protagonista di Mani Pulite. Che arrivò con un abbondante ritardo come in ritardo, in genere, arrivano i personaggi famosi attesi con impazienza da un loro pubblico comunque plaudente. E quella mattina a Perugia, intorno alle 10,30, non ci furono battimani per rispetto del luogo, ma calorose strette di mano, attestati di stima e di riconoscenza questo sì. Antonio Di Pietro è un senatore della Repubblica dal 10 novembre 1997 dopo aver travolto al Mugello con una valanga di preferenze uliviste l’avversario berlusconiano Giuliano Ferrara. Ma non è per le sue scelte politiche ( Romano Prodi l’aveva già chiamato a far parte del suo primo governo) che in quel momento la sua presenza desta interesse . È il ricordo del pool di Milano a tenere ancora la scena. Mettersi sulle spalle la toga però non un ritorno al vecchio mestiere di sostituto. Indossa la toga di avvocato di parte civile in un processo nel quale per diversi aspetti sono forti gli echi di tangentopoli : sospetti di mazzette e di corruzione di magistrati compiacenti, di fondi neri e finanziamenti occulti ai partiti. È il suo terreno e lo dice senza giri di parole, alla dipietrese, come si diceva allora: “difendo persone che sono state spogliare da personaggi senza scrupoli e che alla giustizia chiedono soltanto una giustizia giusta. C’è dietro , anche qui la malapolitica ”. Con un altro legale, Francesco Paola, rappresenta gli interessi di 160 ex dipendenti delle Federconsorzi liquidata ad un prezzo risibile e sospetto , uno sconto di 2.000 miliardi , secondo Dario Razzi, il sostituto che ha coordinato le indagini. La presenza di Di Pietro ? nel racconto che l’Ansa fa della giornata, alla inevitabile domanda dei giornalisti, il magistrato perugino risponde: “ è un avvocato di parte civile, una presenza prevista, normale. E in aula stiamo dalla stessa parte”. C’è poi chi polemizza sul fatto che quell’ex inquirente che ha rimesso i panni dell’avvocato è anche un parlamentare. Non è il solo , è la replica di chi si definisce fan di Antonio Di Pietro perché in aula c’è un altro senatore eletto con l’Ulivo e nessuno ha protestato. Il secondo senatore è Guido Calvi, un principe del foro anche lui sceso in campo per tutelare interessi che sono stati danneggiati dai giochi sottobanco scoperti dalla pubblica accusa. Intanto il protagonista della giornata saluta tutti, ex colleghi e colleghi attuali, impiegati e non addetti ai lavori, che, uscito dal tribunale, lo fermano per strada. Poi via di corsa verso un week end a Trebisacce. Due anni dopo arriverà la sentenza per quattro dei principali inquisiti: condanna a quattro anni per il potente presidente del tribunale fallimentare di Roma Ivo Greco e per l’ex presidente della Banca di Roma Pellegrino Capaldo, assoluzione per il presidente della Sgr , società acquirente e per un commissario governativo. In appello Greco e Capaldo verranno assolti. E, qualche tempo dopo l’assoluzione sarà definitiva con la sentenza della Cassazione che scagiona tutti.
( da “Il messaggero”)