Archivio: 1984, Mister X nella Galleria Nazionale dell’Umbria
La Regione grandinò proteste sulla Soprintendenza, la Soprintendenza scrisse una lettera di fuoco al dicastero competente, il ministro si difese sbandierando l’approvazione della pratica destinata a turare la falla. L’attesa abnorme dei timbri e delle firme che l’avevano completata, però, ormai avevano indirettamente favorito chi andava fermato per tempo, o, comunque , identificato per fargli pagare i danni . L’uno o l’altro risultato sarebbe stato possibile se il via libera all’acquisto dell’impianto di videosorveglianza non fosse arrivato, troppo tardi, a sette mesi dalla richiesta. Infatti, quando arriva il fattaccio è avvenuto, appena tre giorni prima. Lo Stato battuto sul tempo da uno scriteriato. Una beffa. È il 3 settembre 1984, un lunedì quando scoppia la polemica. Il mercoledì o il giovedì precedenti tra i visitatori della Galleria Nazionale dell’Umbria c’è un Mister X, che, per una volontà insondabile o per una qualche strana patologia mentale, è intenzionato a colpire tra i capolavori che compongono l’inestimabile tesoro del grande museo di Corso Vannucci. E colpisce otto volte. Con una chiave , probabilmente la chiave di casa, danneggia otto tele. Sono opere di Taddeo di Bartolo, Benedetto Bandiera, Sebastiano Conca, di Giovanni Odazzi , Lodovico Stern e di Lodovico Mazzanti. Lo sconosciuto ha agito indisturbato: rari i visitatori, pochi i custodi rispetto al numero . E con la stessa tranquillità se n’è andato. Gli sfregi vengono scoperti un paio di giorni dopo . Scatta l’allarme generale : il Perugino, il Pinturicchio e tutti gli altri grandi maestri? Lo sconosciuto con l’ha chiave ha colpito anche più in alto? No, tutte le altre opere d’arte in esposizione sono intatte. Dopo il sopralluogo un corale sospiro di sollievo: fatti gli otto sfregi il teppista ( o i teppisti?) si è fermato. Dalla regione tuona l’assessore Roberto Abbondanza: vigilanza e sicurezza gestite male; organizzazione con troppi sentori di clientelismo. Replica il soprintendente Domenico Valentino: le colpe, se di colpe si vuol parlare, bisogna cercarle altrove. Solo oggi dopo sette mesi il ministero ha autorizzato la videosorveglianza con una spesa di 35 milione di lire. Con l’impianto funzionante quello che è successo la settimana scorsa non sarebbe accaduto. 54 custodi sono pochi perché tolti i distaccati negli uffici e nelle altre sedi qui ne resta soltanto un terzo a vigilare su 33 sale. Fatti i conti viene fuori che a ogni custode in turno toccano tre sale. Troppi gli spazzi liberi per i male intenzionati. Le richieste di rivedere gli organici nessuno le ascolta. Le richieste di rivedere gli organici nessuno le ascolta. Dunque, ecco perché nessun occhio, neppure un occhio elettronico di quelli che oggi colgono volti e movimenti in ogni angolo della città, ha potuto mettere a fuoco il teppista con la chiave. Per precauzione 13 spazi espositivi vengono chiusi al pubblico. La procura ordina le indagini. Se ne occupano un po’ tutti, polizia, carabinieri, vigili urbani. Senza immagini e senza testimoni hanno sono però come disarmati. Infatti, l’incursore di Palazzo dei Priori resterà quel fantasma che è stato quando ha infierito sulle tele. Ma , comunque questa è, in fondo una storia a lieto fine: i danni sono lievi, un buon restauro li farà dimenticare del tutto; le telecamere sono finalmente arrivate e, dopo il clamore, arriverà anche qualche custode in più. Una storia italiana, appunto.