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1974: trovato a Gubbio il killer che ha 65 milioni di anni.
E’ una bella giornata della primavera del 1974 quando la paleontologa Isabella Premoli Silva accompagna sulla scena del crimine il geologo americano Walter Alvarez che è uno degli investigatori più accaniti alla caccia di un misterioso killer che avrebbe appena compiuto 65 milioni di anni. Un giallo irrisolto nonostante sparsi per il mondo siano al lavoro decine di inquirenti. Nel 1974 Premoli Silva ed Alvarez puntano su Gubbio e si fermano dentro la gola del Bottaccione. Con scalpelli, piccozze ed altri piccoli arnesi da scavo, quasi dei bisturi, si mettono a selezionare come due della scientifica quando devono repertare un’arma del delitto. Che in questo caso è un tutt’uno con l’assassino. E’ su quelle rocce calcaree che disegnano un panorama da Jurassic Park che ci potrebbero essere indizi preziosi per individuare lo strumento letale che ha fatto sparire per sempre i dinosauri dalla terra. Leggi tutto…
Umbria: le mafie ci sono e non fanno rumore
E’ una lenta ma costante penetrazione nel tessuto economico quella che da almeno mezzo secolo, con un’accelerazione nell’ultimo ventennio, attuano anche in Umbria le mafie italiane e straniere attraverso varie forme di riciclaggio del denaro proveniente da diversi profitti illeciti ,a cominciare da quelli del traffico della droga e degli esseri umani . Una penetrazione che genera le condizioni per insediamenti di natura sempre più stabile e per infiltrazioni sempre è più a vasto spettro nei mondi della finanza e dell’impresa. Anche se i legami con i territori d’origine non vengono recisi, anzi c’è una sorta di osmosi e di autorinforzo. Le mafie non fanno rumore e hanno bisogno di silenzio: raramente entrano in collisione tra loro , come è successo negli anni’90 dello scorso secolo, per evitare pubblicità e clamore . Al bisogno si accordano. La ‘ndrangheta tra le italiane, e la nigeriana e l’albanese tra le straniere, sono le mafie più attive in Umbria, come risulta dal rapporto della Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre del 2020 che pubblichiamo qui sotto. Leggi tutto…
Un recovery fund contro il ritorno di Satana
Nei giorni in cui gli esperti fanno salire a trentamila il numero degli italiani che sono attratti dalla figura di Satana e stimano che in Umbria almeno dodici sette praticano i territori del 666, brucia il castello di Pieve del Vescovo a Corciano. Il maniero seicentesco, per secoli dimora estiva dei capi della chiesa perugina, tra i quali anche un papa, Gioacchino Pecci, si incendia la notte del 28 marzo 1994. E’ abbandonato e lasciato ad una inarrestabile rovina. Servirebbero forti investimenti per rimetterlo in sesto. Che non si trovano: non ci sono recovery fund alle viste, a quel tempo. Imponente, isolato, incustodito e ricco di richiami esoterici è però frequentatissimo di notte. Quando c’è una certa luna e il cielo manda sul biancore delle pietre una certa luce: sono le condizioni ideali per invocare il maligno con una di quelle celebrazioni demoniache che sono dette messe nere. Proprio durante un rito blasfemo di questo tipo sarebbe avvenuto l’incidente, fiamme su alcuni drappi portati dall’esterno, che ha spinto al punto di collasso una rara e preziosa testimonianza del passato. Leggi tutto…
Nove elettroshock per la testimone inattendibile
Gli elettroshock sono in grado di resettare le memorie anche di soggetti magari in difficoltà ma sostanzialmente sani di mente. Nove elettroshock invece spingono inevitabilmente i ricordi di un testimone psicologicamente fragile che li subisce nel territorio dell’incertezza e dell’oblio. Così i suoi ricordi sono improponibili in un processo. E’ l’esperienza di una donna diventata adulta a Perugia che la Corte d’Assise di Bologna cita nella sentenza che ha condannato all’ergastolo l’ex terrorista nero Gilberto Cavallini per la strage alla stazione del 2 agosto 1980. Alessandra De Bellis , figlia di un ufficiale della polizia stradale, aveva saputo per tempo che la Casa del Popolo di Moiano (24 aprile 1974) l’avrebbero fatta saltare in aria con il tritolo e che una bomba sul treno Italicus ( 4 agosto 1974 ) avrebbe fatto uno strage. Leggi tutto…
Storie di latitanze eccellenti finite nel posto sbagliato
Gente che ha ucciso, trafficanti di droga e di esseri umani, rapinatori, sospetti terroristi , sequestratori incalliti, mafiosi di varia genia . Gente in fuga dalla legge che la legge ha braccato in Umbria. Latitanti presi a decine nel corso degli anni nel posto che hanno ritenuto, sbagliando almeno qualche volta, pratico e sicuro. E l’ archetipo della latitanza finita dove uomini braccati dalle polizie di mezzo mondo ,pensavano non potesse finire mai . Circostanza prismatica, tante facce e altrettanti significati che vanno oltre il fatto contingente: legami, appoggi, complicità, infiltrazioni, affari. Leggi tutto…
1980,Paul Durand in Umbria: la rettifica di Alessandro Giovi
Fioruccinews ha pubblicato il 14 settembre 2020 uno scritto che tra l’altro citava una visita in Italia dell’agente francese Paul Durand legato ad ambienti della destra estrema. A tal proposito da Alessandro Giovi si riceve: “faccio seguito al suo articolo uscito sul suo sito il 14 settembre u.s. e intitolato: “2 agosto 1980: l’Umbria, quattro nomi e l’ultimo caffè alla stazione di Bologna” , nel quale lei rievoca il criminale attentato alla stazione di Bologna del 1980.Giacché nel siffatto articolo lei cita il mio nome e quello dello scomparso Dr. Ugo Cesarini sulla base di illazioni, sono quindi a chiederle la pubblicazione della rettifica qui allegata, ai sensi della Legge sulla stampa n. 47/1948 e successive integrazioni. Distinti saluti”. Di seguito il contenuto integrale della rettifica. Leggi tutto…
Pissignano Alto: 40 anni di inchieste, assoluzioni e benessere a chilometri zero
La procura della repubblica di Roma decide di assediare castello di Pissignano Alto il 27 maggio 1981. I carabinieri si inerpicano di buonora su per una delle colline più belle del panorama intorno a Campello sul Clitunno. Non devono prendere possesso del borgo che nel 1155 ospitò Federico Barbarossa. Devono molto più prosaicamente eseguire cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere per reati che fanno tremare i polsi. Antonio Meneghetti che ha lì il suo quartier generale dal 1976 e lo sta ristrutturando e ripopolando dopo averlo ribattezzato Lizori, è accusato insieme con la moglie e tre assistenti di associazione a delinquere, usurpazione di titoli, truffa e altro ancora. E’ la deflagrazione di uno scandalo: Antonio Meneghetti nel suo ambiente è considerato il padre di una nuova disciplina detta ontopsicologia che ha a che fare con la mente e con il benessere interiore. Leggi tutto…
Una faida esportata: il piombo della ‘ndrangheta in un parcheggio di periferia
I primi spari della faida tra due famiglie della ‘ndrangheta si erano sentiti a Strongoli. Pistole e kalashnikov avevano fatto fuoco in tutta la provincia di Catanzaro per stabilire chi fosse il padrone del mercato della droga e degli altri affari sporchi che danno soldi e potere. Poi il crepitìo delle armi si sentì anche più a nord. Fino a Perugia, dove il 26 aprile 1991 i proiettili 7,65 di un intero caricatore fecero l’ennesima vittima. Aveva 23 anni , si chiamava Luigi Castiglione e tre anni prima era arrivato dalla Calabria per fare il muratore a Magione. E’ un anonimo che poco prima delle 21 chiama il ”113” , camuffata la voce, sintetica la prosa : “tra Elce e San Marco ci sono un’ auto e un morto ammazzato”. Un quarto d’ora e una pattuglia individua il posto: è il parcheggio di un albergo noto più che altro per il ristorante. Leggi tutto…
L’Efebo, Messina Denaro e il Patto di Foligno
Gli uomini di Francesco Messina Denaro, padre di Matteo l’attuale imprendibile capo della mafia trapanese, si accordarono con gli emissari di un facoltoso ricettatore dopo aver trattato sul prezzo per un paio di mesi. Lo scambio, 30 milioni di lire per l’Efebo di Selinunte , un bronzo di 85 centimetri , quinto secolo avanti Cristo, trafugato il 30 ottobre 1962 dal museo di Castelvetrano, concordato a Foligno, nella bottega dell’antiquario Giuseppe Fongoli, sei anni dopo il furto. Tutto andò a buon fine, nonostante cinque pericolosi colpi di pistola e duri momenti di lotta libera. Ad aspettare gli inviati di Cosa Nostra del resto non c’erano degli innocui acquirenti d’arte. C’era un nucleo di poliziotti di alto rango. Li guidava un agente segreto , Rodolfo Siviero, investigatore e intellettuale, esperto di antichità . Leggi tutto…