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Con “Il divo e il giornalista” un anticipo delle nuove indagini sull’omicidio Pecorelli
La caccia alle armi che hanno sparato in via Orazio sotto la sede del settimanale “OP” ammazzando Mino Pecorelli comincia subito e compie un lungo viaggio nel corso degli anni. Un viaggio tortuoso, con personaggi e contesti singolarmente ricorrenti che la ristampa de “Il divo e il giornalista- Giulio Andreotti e l’omicidio di Carmine Pecorelli: frammenti di un processo dimenticato” scritto da Alvaro Fiorucci e Raffaele Guadagno per Morlacchi Editore ripercorre tappa dopo tappa. Dal deposito romano della Banda della Magliana alle ipotesi recentissime che spostano le ricerche a Monza, riaprendo di fatto il fascicolo sull’agguato mortale al giornalista, da 40 anni a opera di ignoti. Leggi tutto…
I targets delle mafie per allargare il controllo sui pezzi pregiati dell’economia Umbra
PROIEZIONI DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA SUL TERRITORIO NAZIONALE – LA SITUAZIONE IN UMBRIA- Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia.
La posizione centrale nel territorio nazionale, l’assenza di una forte criminalità locale, la presenza di importanti vie di comunicazione e di numerose aziende, sono tutti fattori che hanno favorito la presenza, specie nella provincia di Perugia, di famiglie calabresi e campane. Tale fenomeno può essere ragionevolmente correlato alla presenza, a Spoleto e a Terni, degli Istituti penitenziari che accolgono i detenuti sottoposti al carcere duro (41 bis) ovvero alla sorveglianza ad alta sicurezza. Fisiologico, quindi, prima l’insediamento nella regione dei parenti dei detenuti in questione e il successivo interesse delle organizzazioni criminali delle regioni d’origine rivolto all’economia locale, vista come l’ennesima opportunità per reinvestire i proventi illeciti nell’acquisto di possedimenti rurali e nelle attività economiche connesse. Al riguardo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il Presidente della Corte d’Appello di Perugia ha sottolineato come “…l’insediamento di nuclei familiari di “soggiornanti obbligati” e di familiari di detenuti in regime di carcere duro presso la Casa di Reclusione di Spoleto ha nel tempo determinato una significativa presenza di soggetti collegati a gruppi di criminalità organizzata. Varie indagini confermano l’accresciuta vitalità in Umbria della criminalità organizzata. Le mafie in Umbria si insinuano prevalentemente in maniera insidiosa con le attività tipiche che non allarmano la popolazione.” Leggi tutto…
Archivio: il delitto irrisolto di un ordinovista
Quarantacinque anni, elegante nel vestire, un posto di prima fila tra i commercianti di caldaie, magazzino e vendita a Ponte San Giovanni, una bella famiglia, moglie e due figlie, appartamento nel quartiere della nuova e media borghesia di Madonna Alta , ex paracadutista, figlio di uno dei caduti delle X Mas del comandante Junio Valerio Borghese, punto di riferimento per i camerati di Ordine Nuovo, il gruppo eversivo dell’estrema destra neofascista. E’ nei meandri di questa biografia, certamente non piatta, che gli inquirenti si muovono per farsi un’idea del perché Renato Smantelli,la mattina del 16 dicembre 1983 è un cadavere crivellato di colpi di pistola malamente appoggiato alla ruota posteriore sinistra della sua Ritmo ferma lungo la sterrata tra Ponte a Chiani e Ponte alla Nave alla periferia di Arezzo. Leggi tutto…
Pecorelli:40 anni di un cold case di Stato
di ALLAN FONTEVECCHIA-A quaranta anni dal delitto, arricchita nei contenuti e nella galleria fotografica, dal 15 febbraio 2019 è nelle librerie una nuova ristampa di “Il Divo e il Giornalista- Giulio Andreotti e l’omicidio di Carmine Pecorelli: frammenti di un processo dimenticato“ scritto da Alvaro Fiorucci e Raffaele Guadagno per l’editore Morlacchi. La ristampa tiene conto anche delle conclusioni della seconda commissione parlamentare d’inchiesta chiamata a far luce sull’assalto di via Fani e sull’assassinio di Aldo Moro che conferma la bontà dell’affresco sull’agguato mortale a Mino Pecorelli avvenuto il 20 marzo 1979 (le sue fonti, i suoi articoli, i moventi possibili ) che quasi trenta anni fa l’unico processo che si è avuto per il delitto del direttore di “OP” aveva tratteggiato con linee molto decise. Leggi tutto…
Archivio: una bambina e venti ore di buio.
Alle 20 del 2 gennaio 1989 i telegiornali passano una notizia in arrivo dall’Umbria che è una frustata all’ansia di un paese che ha cinque persone ostaggio chissà dove della criminalità organizzata . Non si sa che fine faranno l’imprenditore Marzio Ferrini di Brindisi, il giovane Cesare Casella, preso a Pavia e portato sull’Aspromonte, Carlo Celadon di Vicenza , Silvana Dall’Orto di Reggio Emilia , e Ottaviano Pronesti di Gioia Tauro. in cambio dei quali la ‘ndrangheta e l’anonima sarda chiedono riscatti miliardari.La notizia che arriva dall’Umbria parla della scomparsa di una bambina che nel pomeriggio giocava nel cortile del casolare appena restaurato dai suoi genitori, due professionisti di origini campane , nella campagna di Porano, nell’orvietano.Si teme una disgrazia : ma quanto si può essere allontanato e verso quali pericoli può essere andato quell’esserino che ha appena due anni e mezzo? Con il passare delle ore prende corpo un’altra ipotesi: sequestro di persona. Sono anni di rapimenti quotidiani. La famiglia non ha ricevuto richieste, ma non vuol dire ipotizzano gli investigatori mentre decine di volontari, pompieri e forestali battono le campagne intorno. La famiglia è benestante, ma non ricchissima, ma non vuol dire , potrebbe contare sugli amici.Passa la notte e cresce la paura. E’ giorno quando si teme che un allontanamento inconsapevolmente volontario non sia una buona ipotesi anche se è a questa che si attacca la speranza della mamma, del papà, di tutti coloro che partecipano alla generosa mobilitazione generale. La cercano ancora tra la nebbia che da giorni impasta il panorama, ma il campo adesso è dei i migliori investigatori del settore kidnapping perché è il loro intervento che anche alla Procura della Repubblica sembra più appropriato. Leggi tutto…
Un processo e i suoi misteri come lezioni di legalità
di DONATELLA PORZI
(intervento all’auditorium di Cannara)
Presentare il libro “Il Divo e il giornalista” di Alvaro Fiorucci e Raffaele Guadagno è alquanto arduo, perché non c’è pagina che non sia importante e della quale possa farsi a meno e le pagine sono ben 379. Il titolo ci porta direttamente dentro alla questione, ovvero ai rapporti intercorsi tra Giulio Andreotti e Carmine Pecorelli, non due uomini qualunque, bensì due protagonisti della storia d’Italia, uno per le numerose cariche che ha rivestito a livello istituzionale, l’altro per essere stato un giornalista sopra le righe, che si è occupato di fatti scandalistico-politici dell’Italia degli anni sessanta-settanta. Il fatto è che Mino Pecorelli venne ucciso la sera del 20 marzo 1979 e che per questo omicidio Giulio Andreotti è stato processato, come presunto mandante dell’omicidio, per tre gradi di giudizio. Il 27 aprile 1993 la procura di Palermo chiede al Senato l’autorizzazione a procedere contro Andreotti per associazione a delinquere di tipo mafioso e in quanto mandante dell’omicidio Pecorelli e il 30 giugno 1994 inizia un processo che durerà cinque anni. Come si è arrivati a pensare che Andreotti potesse essere il mandante dell’omicidio? Per dare la risposta a questa domanda bisogna entrare in un groviglio di fatti che partono da lontano, che sono apparentemente scollegati e che invece sono tutti legati tra loro, così intrecciati e aggrovigliati da non riuscire più a trovare il bandolo della matassa. Cerchiamo allora di fare ordine sui protagonisti e sui fatti. Leggi tutto…
Una lettera di Luigi Chiatti all’Unione Sarda :non sono più quello raccontato dai giornali

«Oggi sono una persona molto diversa, che non si riconosce in quella descritta dai mass-media. Se potessi tornare indietro non rifarei mai quello che ho fatto, perché ciò che ho fatto è istruzione della vita e disprezzo del creato». «Ritengo doveroso rivolgermi ai familiari delle povere giovani vittime, Simone e Lorenzo, prematuramente private a causa mia della loro vita». Leggi tutto…
Il Mostro di Foligno e la telecamera che non c’è
Per alcuni la spesa avrebbe sforato quegli otto milioni di lire che nessuno aveva in bilancio. Altri dicevano che forse si sarebbe trovato un qualche modo di scendere a cinque e che era il caso di tentare. I pessimisti erano perplessi se non contrari: l’assassino non si farà vedere proprio e allora a che serve l’apparecchiatura? La burocrazia, al dunque, vinse ogni dubbio. Non si trovò la voce che giustificasse l’esborso. E così la telecamera che forse avrebbe potuto impedire che il Mostro di Foligno facesse una seconda vittima non fu acquistata. Eppure l’assassino tornò sul luogo del delitto e la registrazione che avrebbe dato un volto al fantasma che inafferrabile minacciava nuove delitti con un po’ di fortuna avrebbe chiuso il caso in tempo. Leggi tutto…
25 marzo 1976 : con il sequestro dei miniassegni finisce la guerra degli spiccioli.
L’idea balzana di sostituire gli spiccioli di metallo con assegni circolari di dimensioni ridotte e di piccolo taglio viene demolita dalla Procura della Repubblica la mattina del 25 marzo 1976 quando ormai ne sono stati emessi, da banche,aziende e grandi magazzini, per 200 miliardi di lire in 835 fogge diverse. Il sostituto procuratore della repubblica Alfredo Arioti quel giorno firma il provvedimento di sequestro di questi curiosi titoli bancari su tutto il territorio nazionale. D’improvviso perdono valore e altrettanto rapidamente scompaiono tra le polemiche . Se ne perderà la memoria quando le lire metalliche torneranno ad affiancare le banconote. Le cose andarono così. Leggi tutto…