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Otto anni dopo: chi era con Rudi ? Chi ha ucciso Meredith Kercher ?Ci sarà un altro capitolo ?
Chi ha ucciso Meredith Kercher? Dopo cinque gradi di giudizio, dieci passaggi davanti a un giudice e otto anni di attesa la domanda resta senza risposta. E’ senza risposta perché le sentenze definitive che hanno riguardato prima Rudi Guede e poi Raffaele Sollecito e Amanda Knox non dicono chi è l’assassino. La Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione (presidente Umberto Giordano) che ha chiuso il capitolo giudiziario del cestista ivoriano non indica chi è l’omicida. Esula dal compito dei giudici occuparsi dei due ex fidanzati. Occupandosi del ricorso contro la condanna di Rudi Guede si rifanno alla sentenza della Corte d’Appello di Perugia che lo ha condannato e che parla di una escalation con la comparsa di un coltello che però non mettono in mano ai tre con evidenza individuale. Leggi tutto…
Meredith: un naufragio per troppa fretta e troppo laboratorio
Ci sono un’ora, una data e una frase che indicano il momento in cui l’inchiesta ha preso la rotta verso il punto di naufragio che raggiungerà quasi otto anni dopo. Sono le 13 del 6 novembre 2007 quando per i corridoi della Questura di Perugia sono in molti a ripetere come un mantra :” per noi il caso è risolto”. Caso chiuso per via di tre indiziati identificati rapidamente e in un tempo breve avviati al carcere dove i due più giovani resteranno per quattro anni. Un tempo troppo breve, secondo alcuni osservatori. Troppo breve perché se Patrick Lumumba, Amanda Knox e Raffele Sollecito fossero stati lasciati liberi ancora per qualche giorno intercettazioni telefoniche, pedinamenti, ricerca di testimoni avrebbero forse evitato conclusioni che alla fine si sono rilevate errate. Sicuramente si sarebbe evitato l’arresto di un innocente (Lumumba, preso solo per le accuse di Amanda) e si sarebbe ottenuta maggiore contezza del ruolo dei due giovani fidanzati ieri definitivamente assolti dalla Corte di Cassazione. Tanto il colpevole certo e condannato in maniera definiva Rudi Guede sarebbe stato comunque inchiodato al crimine dalla sue tracce lasciate nell’abitazione di via della Pergola fin dentro la camera di Meredith Kercher. Leggi tutto…
Un giudice per Meredith Kercher: ecco la Cassazione,riparte il cronometro della giustizia.
Condanna il 5 dicembre 2009, assoluzione il 4 ottobre 2011, di nuovo condanna il 30 gennaio 2014. 28 anni e sei mesi per Amanda Knox, 25 anni per Raffaele Sollecito, ritenuti colpevoli dell’omicidio di Meredith Kercher in concorso con Rudi Guede che sconta una condanna definitiva 16 anni di carcere. Per la giovane americana e per l’informatico pugliese è di nuovo partito il cronometro che segna le ore che li separa dal verdetto sul loro futuro a un bivio :verso un carcere o verso un nuovo processo. Siamo al conto alla rovescia per la puntata che mercoledì 25 marzo 2015 sarà scritta dalla Suprema Corte di Cassazione – dopo l’esame di i documenti a centinaia e di quello che le difese di Amanda e di Raffaele diranno per documentare – da posizioni non più sovrapponibili- i profili di illegittimità della più recente sentenza di condanna che ritengono esserci con evidenza. Se i ricorsi verranno accolti ci sarà un l’appello numero tre ; se verranno respinti ci saranno gli arresti e la detenzione. L’eventuale estradizione di Amanda Knox è regolata da un trattato in vigore dal 2010, da tre anni dopo l’omicidio di via della Pergola. Leggi tutto…
Femminicidi e dintorni: non è solo ” Il sangue delle donne”
LA VIOLENZA DI GENERE-Resoconto dell’attività svolta Numero di Pubblica Utilità – 1522 Antiviolenza e Stalking (dicembre 2012- gennaio 2015)- Dai dati pubblicati dal Dipartimento per le pari opportunità relativi alle attività svolte dal Numero di Pubblica Utilità – 1522 Antiviolenza e Stalking da dicembre 2012 fino a gennaio 2015 si rileva quanto segue:- Vi è una pericolosa tendenza ad associare il fenomeno della violenza di genere alla presenza di uomini stranieri sul territorio nazionale, e di conseguenza a ricercare una soluzione al problema nella promozione di politiche di sicurezza finalizzate a reprimere il fenomeno della clandestinità, piuttosto che a riconoscere le reali dimensioni del fenomeno. La maggior parte degli episodi di violenza contro le donne nel nostro Paese, invece, è causata da uomini italiani in circa l’87% dei casi mentre gli stranieri descritti come violenti costituiscono circa il 13%. D’altra parte è vero anche che le donne straniere potrebbero avere maggiori riserve ad esporsi, a denunciare, viste le minori risorse economiche, culturali, amicali e di rete, spesso senza permesso di soggiorno e con la paura che la Legge italiana possa sottrarle i propri figli.- Le donne “coniugate” costituiscono la percentuale più alta cui è rivolta la violenza 54,43%, seguono le “nubili” 26,41%, le “separate” 9,66%, le “divorziate” 3,86%, le “vedove” 3,7%, segno che il contesto nel quale la violenza contro le donne si consuma è prevalentemente quello familiare e delle relazioni affettive.- Le donne tra i 35-54 anni sono quelle che si sono rivolte maggiormente al Servizio 1522. Questa fascia d’età è rappresentata dalle donne che per ciclo di vita conducono un’esistenza indipendente dalla famiglia d’origine e che quindi sono in procinto di, o hanno già formato un loro nucleo familiare. Leggi tutto…
Omicidio-suicidio a Città di Castello: una tragedia dentro un film visto e rivisto. E domande fatte e rifatte.
Le sequenze della tragedia sembrano di quelle viste e riviste. Una sceneggiatura della normalità che diventa copione di dolore e di interrogativi. Il dolore di sempre, le domande fatte e rifatte intorno a qualcosa che ormai è prossimo, familiare. Abitudine. Il movente statisticamente evidente è nel controllo che è possesso della donna che magari si ama sopra ogni cosa . L’uomo uccide quando lo perde o semplicemente avverte il rischio di perderlo questo controllo. Non ha ( o non riesce a mobilitarle) risorse per gestire questo passaggio e affrontare altrimenti il problema che gli è comparso davanti anche se nella vita è stato capace di affrontarne tanti e altrettanto seri. Allora uccide perché eseguire l’omicidio è come cancellare il problema. Non uccide perché gli si pianta in testa qualcosa di imponderabile e improvviso. Non uccide perché cade sotto l’imperativo di un raptus. In genere uccide dove aver progettato quel gesto definitivo. Dopo averlo premeditato.IL copione maledetto avrebbe avuto la sua replica anche questa volta. E pure gli ultimi fotogrammi della stessa sequenza di Città di Castello non ci raccontano eventi dei quali non sappiamo. In generale l’uomo che uccide, sempre più spesso poi uccide se stesso. Difficile il pentimento. Difficile da ricercare se non è l’omicida-suicida a renderlo esplicito. Più probabile la paura delle conseguenze giudiziarie del massacro appena compiuto. Queste sequenze si trovano in molti dei casi indagati da <<Il sangue delle donne- trenta anni di femminicidi in Umbria>> edito da Morlacchi. Leggi tutto…
Luigi Chiatti: il nodo finale della pena scontata e della pericolosità sociale.
Dunque il magistrato di Sorveglianza ha valutato che Luigi Chiatti è , dopo oltre venti anni di carcere, ancora socialmente pericoloso e che quindi non sussistono le condizioni per revocare la misura di sicurezza che stabilisce per geometra di Foligno una permanenza di almeno tre anni in una struttura di custodia e di cura una volta finita di scontare la carcerazione. Misura di sicurezza dettata nella sentenza della Corte d’Appello di Perugia, con la condanna a trenta anni di carcere e diventata definitiva dopo il vaglio della Cassazione. I legali del duplice omicida,Guido Bacino e Claudio Franceschini si sono opposti all’esecuzione della misura di sicurezza (dal carcere al manicomio criminale) presentando un ricorso al Tribunale di Sorveglianza. Non si conoscono i termini questo appello, ma è probabile che i due difensori chiederanno una nuova valutazione psichiatrica del loro assistito magari attraverso una sorta di superperizia per avere più certezze scientifiche aggiornate. Prima udienza il 17 febbraio. Leggi tutto…
L’equivoco della pena: la decisione sulla libertà per Luigi Chiatti vincolata alla pericolosità sociale
Fine della pena per Luigi Chiatti non significa automaticamente libertà. Scontata la detenzione non ha saldato del tutto i conti con la giustizia per gli omicidi di Simone Allegretti e di Lorenzo Paolucci. La sentenza definitiva lo ha condannato a trenta anni di carcere. A settembre ( forse anche a giugno secondo un diverso conto degli abbuoni previsti dalla legge Gozzini) li avrà finiti di scontare. Restano però tre anni di permanenza in una struttura di custodia e cura prevista dalla sentenza definitiva per la sua pericolosità sociale. Pericolosità sociale che per legge deve essere di nuovo valutatata prima di dare luogo all’esecuzione della misura di sicurezza stessa.Dalla prigione a qualcosa di simile al manicomio giudiziario, se Luigi Chiatti viene giudicato ancora pericoloso .Dalla prigione alla libertà se la valutazione di Luigi Chiatti dovesse cambiare e la sua pericolosità sociale venisse giudicata non sussistere più..L’equivoco sulla supporta imminente liberazione del geometra che si è autodefinito <<il Mostro di Foligno >> è tutto qui. Se ci fosse una pronuncia conseguente alla sentenza definitiva dopo tre anni , nuova valutazione psichiatrica , di nuovo in bilico tra custodia e libertà. E’ semplice. Tutto è scritto nella sentenza della corte d’assise d’appello di Perugia dell’11/4/1996 ( vedi “Il cacciatore di bambini- biografia non autorizzata del mostro di Foligno”- Morlacchi editore) . Leggi tutto…
Caso Narducci:ultimi appunti di una storia giudiziaria
<<Ne consegue che tutti i reati contestati rispettivamente agli imputati Trio, Magara, Spezi, Ruocco e Zaccaria sono ormai estinti per prescrizione.In sede di discussione, tuttavia, è stato richiesto dalle difese, in via principale, il proscioglimento nel merito dei loro assistiti, sussistendone i presupposti alla luce del materiale in atti. Ritiene questo GUP che non sia possibile aderire a tale impostazione difensiva.>>. Con questa decisione il giudice dell’udienza preliminare Carla Maria Giangamboni , il 14 ottobre 2014 , comincia a scrivere l’ultimo capitolo che ha chiuso la seconda delle inchieste del pubblico ministero Giuliano Mignini sulla morte del medico perugino Francesco Narducci e sui presunti collegamenti con i delitti del Mostro di Firenze. Morte avvenuta nell’ottobre del 1985. Leggi tutto…
L’ammonimento che protegge le donne: un questore all’anno giudiziario
Per la prima volta all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Umbria è intervenuto il questore del capoluogo di regione. E’ intervenuto per illustrare a magistrati, avvocati, rappresentanti delle istituzioni locali , gli effetti dell’”ammonimento” misura amministrativa interdittiva che la Polizia di Stato può adottare in assenza di querela di parte e senza l’intervento della magistratura. La legge è del 2009 migliorata con modifiche del 2013. I destinatari del provvedimento sono coloro che si rendono responsabili di atti di persecuzione e di violenza domestica. Leggi tutto…