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Piccole storie nere:la gita dei 18 morti
Don Italo Mattia è il parroco di Santa Maria della Stella.Lo conoscono tutti perché è un buon prete,e perché , organizzatore nato, è un animatore che sa farsi voler bene per il suo attivismo, si tratti di gruppi di preghiera o di comitive che insieme partono in gita per la montagna come avviene da una ventina d’anni. Il pomeriggio del sei luglio 1993 ha portato tre pullman di fedeli all’albergo Greif in Valbadia . Leggi tutto…
Madre e figlio morti ammazzati e il mantra di Cenerente
E’ da venerdì che la risonanza di un mantra innocente e immondo fa da controcanto al biascicare di una giaculatoria stupefatta e impaurita. Il mantra di Cenerente dice: <<che non sia come Ramazzano>>. Un dire osceno e bugiardo, fino a prova contraria. Ma necessario: viviamo tempi in cui circoscrivere arriva a significare esorcizzare. Esorcizzare per sconfiggere il nemico. Subito, anche quando il nemico non si sa chi sia. Subito perché bisogna chetare la paura. Il mantra dice così perché è nella celebrazione di un rito collettivo che vuol salvare la comunità dal rischio di una Ramazzano senza requie e senza confini. Il mantra dice così e fa una classifica delle dimensioni delle tragedie e dei gradi del dolore egoistica e dunque inaccettabile. Il mantra dice << che non sia Ramazzano>> perché vorrebbe evocare una storia diversa e breve. Una storia semplice, chiusa in se stessa, dalla quale, comunque, la comunità più grande,quella oltre quei pochi acri di terreno che hanno fatto da piattaforma alle telecamere, abbia nulla da temere. La possa dunque sentire di altri. Confinata in altri.Con un suo inizio e una sua fine. E fine vuol dire senza possibilità di replica per un pubblico indiscriminato al quale potrebbe toccare di assistere e subire lo stesso spettacolo di sangue e di violenza senza aver comprato il biglietto per quel teatro. Leggi tutto…
Piccole storie nere: il poliziotto che fermò le nuove Brigate Rosse
Emanuele Petri ha dei dubbi. I documenti di due passeggeri non lo convincono . Dalla centrale operativa della Polizia Ferroviaria stanno per dare il via libera. Negativo. Controllo finito. I due dello scompartimento quattro l’avrebbero fatta franca con le loro tranquille false identità- signor Domenico Marozzi e signora Rita Bizzarri- se Emanuele Petri non avesse chiesto di approfondire e se non si fossero sentiti in trappola in quel vagone poco affollato,fermo alla stazione di Terentola,il 2 marzo 2003 alle 8,40, con tre poliziotti saliti a bordo per fare il loro mestiere.Domenico Marozzi e Rita Bizzarri hanno paura di essere scoperti perché fanno parte del gruppo di fuoco delle nuove Brigate Rosse. Leggi tutto…
Piccole storie nere: il girasole delle nuove schiave
Marta la russa era prigioniera in un appartamento a Ponte San Giovanni e quando perse l’affidabilità la fecero scomparire con l’acido. Il corpo di Tania trovato a Valtopina invece doveva diventare irriconoscibile con il fuoco. Almeno altre due, bulgare o moldave le avrebbero fatte fuori e sepolte nel giardino di un night. I corpi non si trovano,solo brandelli di stoffa. Un’altro cadavere senza testa e senza mani è nelle Marche: la provenienza potrebbe essere la stessa. Schiave punite per qualche tentativo di ribellione. A portare la cocaina da un locale all’altro è un italiano che chiamano il sarto perché la droga se la cuce nei vestiti. Leggi tutto…
Piccole storie nere:mostro sbagliato,vittime vere
La telefonata arriva da Milano.E’ giovane senza arte e ne parte. Si chiama Stefano Spilotros ha 22 anni e dice di essere Il mostro di Foligno quello che domenica 4 ottobre 1992 ha rapito Simone Allegretti ,cinque anni da compiere, e che per essere certo di averlo ammazzato sull’orecchio gli ha fatto una bruciatura con la sigaretta. Gli credono,lo rintracciano per via delle telefonate che sono 11 ,lo catturano il 21,lo mettono in galera,riesumano il corpo della piccola vittima, ma non è Stefano Spilotros il Mostro di Foligno perché il ventenne di Milano si è inventato tutto per far colpo sulla fidanzata. Leggi tutto…
Ramazzano:una normale indagine ad alta professionalità
Ci saranno giudici che avranno tempo e modo per un giudizio compiuto. Perché sia espressa una verità giudiziaria sovrapponibile (senza varchi d’incertezza o, peggio, divaricazioni) con la verità dei fatti. Ci sono da attendere i tempi che sono tecnici e variabili. Comunque questione di tempi e non d’altro. Intanto si può dire che la caccia e la cattura dei presunti responsabili delle rapine perugine (in genere magri bottini e tanta violenza gratuita e sprezzante, uno stupro e un morto ammazzato) è stato un buon lavoro. Un buon lavoro: una normale indagine senza asprezze e senza clamori. Un buon lavoro: una normale indagine ad alta professionalità. Non esisteva un caso-Perugia quando hanno ammazzato Luca Rosi. Non esiste un caso Perugia per la cattura dei presunti responsabili dell’omicidio. Leggi tutto…
Aria di cielo incupito dopo l’omicidio di Ramazzano
Le fonti ufficiali ci hanno consegnato una ricostruzione approssimativa dei fatti e poi hanno fatto l’opzione del silenzio, almeno formalmente . E questa ricostruzione non collima sempre e del tutto con i ricordi dei sopravvissuti. Sostanzialmente sappiamo ben poco intorno al procedere investigativo di carabinieri (Ris e Ros compresi) e della Polizia (Scientifica e Digos comprese). Il sapere ben poco , se c’è un altro da conoscere, priva di notizie un’opinione pubblica allarmata. E questo,in generale, non è un bene. Leggi tutto…
Piccole storie nere:la soffiata che liberò Augusto De Megni
La soffiata pagata con i fondi riservati dello Stato non ha la precisione di un navigatore satellitare. I carabinieri infatti sbagliano di qualche chilometro e assediano inutilmente San Gimignano. La polizia il 21 gennaio 1991 invece centra in bersaglio. E’ un podere di Volterra , la prigione è sul Monte Voltraio dove i poliziotti dei Nocs guidati da un fiancheggiatore sorpreso nel bosco e al quale hanno saputo sciogliere la lingua. La prigione di Augusto ,nove anni,rapito a Perugia il 3 ottobre 1990- probabilmente al posto del padre Dino De Megni che era con lui- è un buco nero e il fondo al quale c’è l’ostaggio e il carceriere che è armato e minaccia di sparare. Leggi tutto…
Piccole storie nere: la breve lunga fuga del Lupo
Un concerto di Simon e Garfunkell è la colonna sonora dell’ultima puntata della fuga del Lupo. Il 31 luglio 2004 una cinquantenne di Reggio Emilia arrivata a Roma per il concerto lo riconosce nella zona del Circo Massimo, lo segnala ai vigili urbani, i vigili urbani chiamano i carabinieri, i carabinieri arrivano con due moto. Gli danno l’alt, lui si gira e spara. Spara e prende in ostaggio una famiglia di francesi .Spara anche uno dei carabinieri. Un colpo devasta la testa del bersaglio . Leggi tutto…